Rifiuti, l'occasione persa: ceduti all'estero dove diventano energia

Cedute all’estero 581mila tonnellate di scarti l’anno: chi li riceve li trasforma in elettricità. Bruciando l’immondizia, le forniture di metano potrebbero essere tagliate del 5%

Rifiuti, l'occasione persa: ceduti all'estero dove diventano energia
di Francesco Bisozzi
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Sabato 16 Aprile 2022, 00:10

A Vienna una lampadina si accende con l’energia prodotta dai rifiuti che provengono dall’Italia. Risultato: l’austriaco risparmia sul costo della bolletta, l’italiano invece no. Paga di più gase e luce e, contestualmente, fa ricchi i vicini oltre confine che per utilizzare l’immondizia “made in Italy” si fanno anche ben remunerare. Stando all’ultimo rapporto sui rifiuti dell’Istituto per la protezione e la ricerca ambientale del ministero dell’Ambiente, datato 2021, i rifiuti urbani che l’Italia spedisce all’estero sono in aumento: del 13% nel 2020, secondo l’Ispra, anno in cui è stata superata la soglia delle 581mila tonnellate di rifiuti trasportati fuori confine. Se ne vanno soprattutto in Austria, ma anche in Germania, Spagna e Ungheria. Quanto ci costa? Utilitalia, la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche, stima che in futuro con l’energia prodotta dai rifiuti si potranno tagliare del 5% le importazioni di gas dall’estero. 

IL RECORD

Le Regioni che nel 2020 hanno esportato il maggior quantitativo di rifiuti all’estero sono la Campania, con 252mila tonnellate, il Lazio, a quota 54mila tonnellate, e il Veneto (52mila tonnellate). Seguono Friuli Venezia Giulia, con 46mila tonnellate esportate all’estero nel 2020, Lombardia (38mila) e Abruzzo (35mila). Oggi in Italia sono in funzione 37 termovalorizzatori. Tra energia elettrica e termica producono nel complesso circa 6,7 milioni di MWh ogni anno, una quantità pari al 2,2% del fabbisogno nazionale. Ancora troppo poco. Come mai? Nella gestione dei rifiuti si dà la precedenza a riduzione, riuso e riciclo. Tuttavia, alla luce degli impatti ambientali, il recupero di energia rimane una soluzione migliore rispetto allo smaltimento in discarica. E nel resto dell’Europa se ne sono accorti già da un pezzo. I dati Ispra dicono che il valore pro capite relativo ai rifiuti urbani avviati a recupero energetico nei Paesi Ue è stato pari in media nel 2019 a 131 chilogrammi per abitante per anno. Si va dai 401 chilogrammi per abitante della Danimarca ai 6 chilogrammi per abitante di Cipro. 
L’Italia, con 96 chilogrammi per abitante per anno, si piazza decisamente al di sotto della media europea.

In Germania e Francia, per intenderci, l’asticella sfiora i 200 chilogrammi per abitante per anno. Belgio ed Estonia superano la soglia dei 150 chilogrammi per abitante per anno. La buona notizia è che per centrare i target europei sull’economia circolare verranno realizzati in Italia nuovi inceneritori, soprattutto nel Mezzogiorno. Secondo le previsioni della Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche, i nuovi impianti di incenerimento in arrivo potrebbero arrivare a produrre ulteriori 2,5 milioni di Mwh/anno, equivalenti a circa 2,34 miliardi di metri cubi, ovvero il 3% del gas consumato nel Paese nel 2021. La piena valorizzazione del potenziale del biometano dai rifiuti a matrice organica vale un altro miliardo di metri cubi secondo quanto stimato dal Pniec, il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima. 


Aumentando l’energia prodotta dai rifiuti, stando ai calcoli di Utilitalia è possibile tagliare dunque del 5% le importazioni di gas dall’estero e garantire un risparmio di spesa importante. «Con la copertura del deficit impiantistico al 2035, stimato da Utilitalia per 3,2 milioni di tonnellate per il trattamento dell’organico e 2,7 milioni di tonnellate per il recupero energetico, il contributo aggiuntivo del biometano dal trattamento della frazione organica da rifiuti e dell’energia elettrica rinnovabile degli inceneritori potrebbero soddisfare rispettivamente le necessità energetiche di circa 230.000 e 460.000 famiglie», afferma la federazione. 

LE OPPORTUNITÀ

L’Ispra ha rilevato che nel 2020 il 44,2% del totale dei rifiuti prodotti, corrispondente a 3,7 milioni di tonnellate, è stato smaltito in discarica. Agli impianti di incenerimento con recupero di energia sono stati avviati invece circa 2,2 milioni di tonnellate di rifiuti, il 26,7% del totale prodotto, costituiti principalmente da frazione secca (1,1 milioni di tonnellate), da combustibile solido secondario (quasi 865 mila tonnellate) e da frazione organica non compostata (circa 136 mila tonnellate). Nel primo anno di pandemia i quantitativi di rifiuti avviati a incenerimento con recupero di energia sono calati del 2,9% rispetto al 2019. 

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