Gas, il piano italiano per raffreddare i prezzi in attesa del tetto Ue

Il Gse venderà alle aziende fino al 60% dell’energia green ad un costo fisso. Draghi oggi ad Algeri per aumentare le forniture fino a 10 miliardi di metri cubi

Gas, il piano italiano per raffreddare i prezzi in attesa del tetto Ue
di Roberta Amoruso
5 Minuti di Lettura
Lunedì 11 Aprile 2022, 00:20 - Ultimo aggiornamento: 10:48

Tra petrolio, gas e carbone, la bolletta energetica italiana diventa più pesante per ben 68 miliardi di euro, ad un ritmo di 5,7 miliardi di euro in più al mese. Ma i numeri del Centro Studi di Confindustria disegnano uno scenario da allarme rosso fino almeno al 2023, stando ai prezzi future che pesano le aspettative del mercato. Il petrolio Brent è visto intorno a 106 dollari al barile nel 2022 (dai 71 del 2021) e a 90 nel 2023 (-15%) mentre il prezzo del gas europeo proiettato intorno a quota 122 euro per megawattora nel 2022 (dai 47 euro del 2021) e a 81 euro nel 2023 (-33%). Numeri da brividi ben presenti al governo che non a caso ha messo a punto un piano su due tavoli che punta a fissare prezzi calmierati su luce e gas. Un passo ritenuto necessario mentre continua la caccia per sostituire le forniture di gas russo. Oggi il premier Mario Draghi, sarà ad Algeri insieme ai ministri Cingolani e Di Maio e accompagnato dall’ad dell’Eni, Clausio Descalzi, per strappare un accordo che incrementa le forniture dall’Algeria di altri 10 miliardi di metri cubi, rispetto ai 20 attuali.

I due forni

Il primo tavolo sui prezzi è quello nazionale e prevede un pacchetto preciso di gas e di energia da fonte rinnovabile, fino al 60% intorno a 25-30 terawattora, destinato alle Pmi e alle imprese energivore. Il prezzo sarà definito dal Mite sulla base dei costi delle varie tecnologie e tenendo conti dei prezzi medi dell’ultimo decennio, secondo quanto definito dall’emendamento all’ultimo decreto Energia che oggi arriva all’esame della Camera e si prepara al voto di fiducia per poi approdare all’ok definito al Senato entro fine mese. Mentre per il gas, ha stabilito il governo, il prezzo dovrebbe aggirarsi intorno a 60 euro per megawattora, il 40% in meno del valore richiesto attualmente dal mercato Ttf di Amsterdam, ma nemmeno il 20% del picco toccato il 7 marzo scorso sull’effetto guerra (345 euro per megawattora). 
Anche in questo caso il pacchetto è limitato all’intera produzione di gas nazionale che dovrebbe arrivare a quota 5 miliardi di metri cubi.

Non è molto, ma è abbastanza per dare sollievo alle piccole imprese e in particolare alle imprese esrgivore.


Ma c’è un secondo tavolo cruciale, definito dal ministro della Transizione energetica, Roberto Cingolani, «la madre di tutte le battaglie», ed è quello europeo sul quale è arrivata la proposta italiana per fissare un tetto al prezzo del gas. Il valore massimo da offrire al gas acquistato dall’Europa anche dalla Russia, che al Vecchio continente vende circa il 70% del suo metano, potrebbe essere intorno a 80 euro per megawattora, almeno per tre mesi. Può essere un modo per mettere un po’ al riparo i costi delle imprese e delle famiglie italiane. Ma può anche essere un modo per sottoporre alla Russia un embargo mascherato. Non un vero stop a importazioni che fruttano ogni giorno a Mosca oltre 800 milioni di euro. Le maggiori resistenze, però, arrivano da Germania e Olanda, che controlla il mercato internazionale Ttf. 
È un dossier «tecnicamente complicato», ha ammesso nei giorni scorsi il Commissario Ue agli Affari economici, Paolo Gentiloni, dopo il Consiglio europeo in cui Draghi aveva messo la questione al centro della discussione. Ma «è una delle questioni su cui il Consiglio europeo ha chiesto alla Commissione di fare una proposta e noi la faremo entro la fine del mese», ha concluso lo stesso Gentiloni. 

I nodi del cap interno 

Non mancano le difficoltà tecniche, per la verità, anche per applicare un tetto al mercato interno, come ha sottolineato più volte il presidente dell’Arera, Stefano Besseghini. Anche perché i vantaggi dovrebbero essere offerti «a tutti i consumatori», dice. Complicato o no la strada imboccata dal governo per ridurre l’impatto dei costi dell’energia a famiglie e imprese, è di fatto obbligata. Un tetto è già in vigore in Francia. E ora Sgana e Portogallo, forti di un mercato di rinnovabili molto sviluppato, hanno chiesto all’Ue l’ok a introdurre un tetto massimo del gas per gli impianti di produzione di energia elettrica, ossia «impianti a ciclo combinato e cogenerazione» pari a 30 euro per megawattora.
Più di qualche perplessità sul nuovo schema di prezzi calmierati sull’energia green arriva poi dagli operatori del settore. «Temiamo che il risultato di affidare al Gse il ritiro dell’energia rinnovabile genererà ulteriori costi per il sistema e danneggerà la concorrenza», spiega il presidente di Aiget, Associazione italiana di grossisti di energia e trader, «sarebbe più efficace promuovere contratti di lungo termine direttamente con i fornitori di energia, i cosiddetti PPA, affinché possano trasferirne i benefici ai clienti finali in maniera diretta e non discriminatoria». Un altro nodo è rappresentato dai contratti a 3 anni offerti dal Gse. Una garanzia limitata per i produttori, rispetto a contratti a lungo termine decennali. Dunque, non sono esclusi correttivi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA