Gas e nucleare pulito, l'agguato a Bruxelles: cresce la fronda di chi vuole escluderli dalla lista di fonti sostenibili

Sulla tassonomia verde è in arrivo un nuovo colpo basso dell'Europarlamento

Gas e nucleare pulito, l'agguato a Bruxelles: cresce la fronda di chi vuole escluderli dalla lista di fonti sostenibili
di Gabriele Rosana
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Venerdì 10 Giugno 2022, 06:27

La battaglia politica sul Green Deal è appena iniziata. E il Parlamento europeo prepara un nuovo blitz bipartisan che potrebbe smontare un altro pilastro del maxi-piano verde della Commissione europea, facendo segnare ancora una battuta d'arresto per l'esecutivo presieduto da Ursula von der Leyen. Stavolta, infatti, l'Eurocamera punta a rigettare l'atto delegato sulla tassonomia verde predisposto dalla Commissione, che dà la patente di fonti green utili alla transizione ecologica anche a nucleare e gas, a fianco delle rinnovabili. L'opposizione al provvedimento dell'esecutivo Ue che classifica le fonti energetiche sostenibili ai fini dell'informazione finanziaria per gli investitori privati ha acquisito via via maggiore peso negli ultimi mesi, dopo che la Commissione aveva fatto circolare una bozza tra gli Stati membri poco prima dello scoccare della mezzanotte il 31 dicembre, in vista dell'adozione a Bruxelles a inizio marzo, quando ha confermato il bollino verde anche, seppure a certe condizioni, all'atomo e al metano. Una decisione che ha certificato la spaccatura tanto fra i governi quanto - soprattutto - in Parlamento, dove sta prendendo corpo un ammutinamento in piena regola.

La risoluzione

Il primo momento della verità arriverà martedì prossimo, quando la risoluzione di rigetto proposta da uno schieramento bipartisan di eurodeputati appartenenti a cinque dei sette gruppi d'Aula sarà messa ai voti durante una riunione congiunta delle commissioni Ambiente e Affari economici. Il passaggio successivo della proposta di bocciatura della tassonomia verde sarà, a inizio luglio, l'approdo in plenaria a Strasburgo: gli eurodeputati non possono emendare il testo, ma soltanto approvarlo o respingerlo. In quel momento, servirà la maggioranza assoluta degli aventi diritto per far cadere la scure sulla tassonomia. Sarà allora che potrebbe ripetersi la scena già vista questa settimana, con una conta all'ultimo voto e poi lo stop a tre relazioni chiave del piano Fit for 55, la strategia dell'esecutivo Ue per ridurre entro il 2030 del 55%, rispetto ai valori del 1990, le emissioni inquinanti nell'Ue: la riforma del meccanismo di scambio delle emissioni inquinanti, il fondo sociale per il clima e la carbon tax.

Il messaggio

«La guerra in Ucraina ha aggiunto un elemento geopolitico alla questione tassonomia» è, in sintesi, il messaggio formulato da un fronte trasversale di europarlamentari, che a Strasburgo ha anticipato la mozione di rigetto dell'atto delegato della Commissione: a coordinarlo sono il lussemburghese Christian Hansen per il Partito popolare europeo, l'olandese Paul Tang per i socialisti e democratici, la svedese Emma Wiesner per i liberali, il tedesco Bas Eickhout per i verdi e la finlandese Silvia Modig per la sinistra. Fra i progressisti il fronte sarebbe piuttosto unitario, pur con qualche defezione, ma è tra popolari e liberali che montano i malumori e che si è aperta la caccia all'ultimo voto. «La finanza verde del futuro non può finanziare progetti su gas e nucleare», l'affondo di Hansen, mentre per Eickhout l'attuale tassonomia sarebbe superata, visto che ad esempio «non tiene conto dei terminal per il gas naturale liquefatto, a cui si sta rivolgendo l'Europa nella diversificazione da Mosca».

Tang ha precisato che «questa tassonomia è stata scritta da Francia e Germania e aumenta la nostra dipendenza dal metano e dall'uranio della Russia».

Proprio Parigi, con Emmanuel Macron, e Berlino, all'epoca ancora sotto la leadership Angela Merkel, erano stati infatti i principali fautori del compromesso sul testo: l'atto lega infatti le sorti di gas e nucleare, scongiurando veti incrociati da parte dell'asse dei fautori dell'atomo, guidato dalla Francia, e dei pro-gas, riuniti attorno alla Germania. Adesso però il nuovo governo tedesco ha annunciato il voto contrario al Consiglio, dove siedono i ministri dei governi dei Ventisette, e che dovrà dire la sua sul documento. Una mossa che cambia di poco i giochi, visto che per bocciare l'atto delegato predisposto dall'esecutivo Ue serve una maggioranza qualificata dei Paesi membri: 20 Stati rappresentanti almeno il 65% della popolazione Ue. Soglia per ora è un miraggio. Ecco che le speranze di chi, anche nelle capitali, vuole impallinare l'inclusione di nucleare e gas nella tassonomia sono tutte riposte nell'agguato bipartisan che ha preso forma fra i banchi del Parlamento, dove serve un voto più della maggioranza per far deragliare il treno a bordo del quale Bruxelles vuole mobilitare gli investimenti privati per la transizione green.

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