Mentre una colonna di tank russi lunga sessanta chilometri viaggia verso Kiev per assediarla, mentre i missili di Mosca cadono su Kharkiv, martoriandola, la notizia è passata quasi inosservata. Il Canada di Justin Trudeau ha deciso di bloccare le importazioni di petrolio made in Russia. Poco o molto che sia non ha importanza. Prima o poi il ragionamento andrà fatto: fino a quando si potranno acquistare gas e petrolio russi finanziando di fatto la campagna in Ucraina di Vladimir Putin? Fino ad oggi l’energia è stata volutamente tenuta fuori dalle sanzioni. E anche la scelta di non coinvolgere Gazprombank nel blocco dell’operatività sul sistema Swift, va nella stessa direzione. Coinvolgere il braccio finanziario del gigante energetico avrebbe significato nei fatti interrompere le forniture.
Energia, gas razionato per fare scorta (per l'inverno): il piano d'emergenza del governo
LE INCOGNITE
Ma la domanda resta.
Sul fronte degli approvvigionamenti il viaggio del ministro degli esteri Luigi Di Maio in Algeria è significativo. Fa ipotizzare un aumento delle forniture da quel Paese, un passo che in realtà porterebbe con sé comunque pericoli di instabilità. L’Algeria non è affidabile al cento per cento e togliersi da sotto la spada di Damocle russa per finire sotto la scimitarra algerina potrebbe non essere un progresso. La soluzione non passa solo dal cambio di identità del fornitore, perché ciò che conta davvero sono i volumi, anche tenuto conto che la priorità è riuscire a rifornire i distretti industriali della pianura padana, dove arriva il metano di Putin dall’ingresso di Tarvisio che in questi giorni sta pompando gas molto più del solito. Insomma, non basta acquistare il gas e farlo arrivare da qualche parte: i volumi debbono essere quelli necessari per assicurare il funzionamento del sistema, ma conta anche il prezzo. Le variabili in gioco sono molte. Ma bisogna prepararsi in qualche modo alla chiusura del canale russo. Ieri il presidente di Confindustria Carlo Bonomi ha detto che sul tema dell’energia «servono decisioni coraggiose in tempi rapidissimi». Il costo della bolletta energetica quest’anno salirà a 51 miliardi. E per questo ha chiesto un comitato nazionale di crisi tra governo e la stessa Confindustria.
Il sistema produttivo non può essere fermato. Tema chiaro a Palazzo Chigi. Che ha già iniziato a prendere delle contromisure, come il riavvio delle centrali a carbone e a olio combustibile in caso di crisi. Ma potrebbe non essere sufficiente. Nei cassetti del governo ci sarebbero già dei piani articolati di riduzione dei consumi per fermare attività non strategiche e ridurre persino i consumi delle famiglie e della Pubblica amministrazione. Una austerity energetica che costringerebbe i cittadini a quei «sacrifici» evocati ieri in Parlamento dallo stesso Draghi. Sacrifici che andrebbero ad aggiungersi ad aumenti dei prezzi di alcuni beni essenziali come la pasta e il pane, o la benzina e le stesse bollette elettriche e del gas. Recessione, inflazione, razionamenti. Uno scenario da incubo. Ma uno scenario che prende corpo man mano che i tank e gli aerei russi si avvicinano minacciosi alle città ucraine.
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