Gas, Italia verso lo stato d'emergenza: si teme lo stop totale dalla Russia. Via agli impianti a carbone

Gazprom dimezza i rifornimenti all’Eni: a Tarvisio entrati 34 milioni di metri cubi

Gas, Italia verso lo stato d'emergenza: si teme lo stop totale dalla Russia. Via agli impianti a carbone
di Andrea Bassi
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Sabato 18 Giugno 2022, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 17:26

La Francia è a secco. La Slovacchia quasi. In Germania le forniture sono crollate del 60 per cento. In Italia ieri l’Eni ha ricevuto metà del gas richiesto. Dal Tarvisio sono entrati “solo” 34 milioni di metri cubi. Vladimir Putin sta gradualmente, ma inesorabilmente, chiudendo i rubinetti del gas all’Europa. I governi sono in allarme. Il ministero della Transizione ecologica ha convocato un tavolo di verifica della situazione per metà della prossima settimana. Si va verso il passaggio dallo stato di pre-allarme allo stato di allerta: in pratica si dichiara l’emergenza. Un passaggio apparentemente formale, che però consentirebbe di mettere in campo diverse azioni. Come il taglio volontario del gas da parte delle imprese. Se la crisi si aggravasse per lo stop delle forniture russe - cosa che appare ormai probabile - scatterebbe l’avvio a pieno regime delle centrali a carbone ancora in funzione, in modo da risparmiare 5 miliardi di metri cubi di gas oggi usati per la produzione di energia elettrica. Ma scatterebbero anche interruzioni mirate nelle aziende che hanno contratti “interrompibili”, ossia che hanno accettato interruzioni delle forniture di metano in cambio di prezzi più bassi. In realtà, il ministro Roberto Cingolani potrebbe muoversi a prescindere dalla dichiarazione di emergenza, perché è già stato autorizzato dal primo decreto sull’Ucraina a prendere le contromisure necessarie. 

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Al governo la strategia di Putin pare chiara.

Si tratta, come ha detto il premier Mario Draghi, di una mossa «politica». Ma anche di un’abile strategia commerciale. Se anche domani interrompesse le forniture, Putin non metterebbe comunque a rischio il sistema energetico europeo e nemmeno quello italiano. Ieri in Italia sono arrivati 196 milioni di metri cubi di gas a fronte di una domanda di 155 milioni. Significa che anche senza i 34 milioni di gas russo l’Italia sarebbe riuscita a coprire il suo fabbisogno. E questo soprattutto grazie alle forniture di Algeria e Arzebaijan. Da Mazara del Vallo, dove arriva il gasdotto Transmed che trasporta il metano algerino, ieri sono arrivati 64 milioni di metri cubi. Da Melendugno, in Salento dove approda il Tap, ne sono arrivati 28 milioni. Gli ultimi dati di Snam indicano un calo nel 2022 delle forniture di Mosca dal 39% al 23%. Meglio però non cullarsi in facili illusioni. La ragione è semplice. La maggior parte del gas russo viene bruciato in Italia negli ultimi tre mesi dell’anno. Da ottobre a dicembre è quasi impossibile farne a meno. Per questo l’Unione europea aveva posto l’obiettivo di un riempimento degli stoccaggi dell’80%. In questo modo in inverno, in mancanza del gas russo i Paesi europei avrebbero potuto contare sulle riserve. È proprio questo piano che Putin mira a boicottare. Tagliando oggi il gas all’Europa ottiene due risultati. Il primo è che non permette agli Stati di riempire le riserve: l’Italia è ferma al 54% e ieri negli impianti sono stati stoccati solo 26 milioni di metri cubi. A maggio se ne pompavano anche 100 milioni al giorno. 

IL PASSAGGIO
Il secondo risultato ottenuto da Putin è tenere alto il prezzo. Alla Borsa di Amsterdam ieri è oscillato tra 124 e 138 euro al Megawattora: ha chiuso a 117 euro, ma solo nel timore di non alimentare le ipotesi di recessione. In una settimana il valore del metano è salito del 43%. A questi prezzi gli operatori non sono disponibili a conservare gas. Tutto quello che comprano lo vendono subito. Ma la vera vittoria di Putin, è che se l’Italia e l’Europa non riusciranno a riempire gli stoccaggi, il prossimo inverno non potranno che bussare alle porte di Mosca per non rischiare di restare al freddo. A quel punto Putin potrà fare il prezzo che vuole per il gas, oltre ad avere un’arma eccezionale di ricatto nei confronti del Vecchio Continente.

Cosa farà l’Italia in caso di interruzione delle forniture oltre ad attivare le centrali a carbone e avviare i primi razionamenti? È probabile che, come anticipato da Cingolani, si acceleri anche sulle trivelle per riattivare i pozzi in Adriatico. Martedì il ministro risponderà a una interrogazione del senatore Andrea De Bertoldi di Fratelli d’Italia, che un paio di mesi fa era riuscito a far approvare un ordine del giorno che impegnava il governo a sbloccare la produzione nazionale. Un passo che ora sembra diventato urgente.


 

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