Al ministero del Tesoro sono ormai convinti di avere in tasca il risultato. Quei 6 miliardi di euro messi sul piatto della legge di assestamento eviteranno con ogni probabilità all'Italia l'onta della procedura d'infrazione e daranno un po' di respiro al governo. Ma l'ossigeno, sospirano in Via XX Settembre, non durerà molto a lungo.
I più avvertiti, tra gli uomini del ministro dell'Economia, Giovanni Tria, guardano già alla prossima legge di Bilancio come allo scoglio contro il quale, davvero, l'Italia rischia di farsi male sul serio. Per evitare l'avvio della procedura per deficit eccessivo basata sul debito la Commissione europea ha chiesto, e ottenuto, da Palazzo Chigi che dentro la legge di assestamento, in rampa di lancio domani, figurino impegni precisi per il 2020. I numeri che ha sul tavolo Bruxelles preoccupano, con il deficit al 3,5% e il debito al 135% del Pil. Elementi che fonti comunitarie definiscono «un problema». Per questa ragione la Commissione pretende un impegno formale da parte del governo per rientrare entro i paletti del Patto di Stabilità e Crescita. Ma per essere sostanzialmente in linea con le regole disinnescando l'aumento dell'Iva, il governo dovrebbe realizzare una manovra di bilancio che oscilla fra 30 e 40 miliardi il prossimo anno. Di cui 23,1 solo per non fara scattare la clausola di salvaguardia che riguarda l'imposta sul valore aggiunto. A questo proposito, non trovano conferma le indiscrezioni, non nuove peraltro, secondo le quali per ridurre l'impatto finanziario dell'intervento si potrebbe optare per un intervento selettivo lasciando che l'aliquota Iva cresca su alcuni prodotti.
LA RIFORMA
Ma il resto? Si parla con insistenza di una rimodulazione complessiva delle tax expenditures (detrazioni e deduzioni dei quali usufruiscono i contribuenti per abbattere il carico delle tasse da pagare) ma occorre ricordare che passate operazioni, su questo fronte, si sono rivelate un fallimento. La maggior parte dei bonus sono legati a redditi da lavoro e pensioni: impossibile toccarli senza causare un aumento della pressione fiscale. Insomma, il problema delle coperture è aperto e delicatissimo. E Bruxelles non accetterebbe riforme in deficit puntando su un miglioramento futuro della congiuntura economica della quale al momento non c'è traccia.
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