In un certo senso, sarebbe anche questa una misura dell'evasione fiscale e contributiva. In tutto si tratta di 17,4 milioni di contribuenti: il 45,4% di loro ha debiti inferiori a 1.000 euro che rappresentano circa l'1,8% del valore complessivo, mentre dalla parte opposta c'è l'1,3% dei contribuenti con debiti residui superiori a 500 mila euro, che però valgono il 67,6% del credito totale. Quanti di questi soldi lo Stato potrà concretamente recuperare? Non moltissimi, a giudicare dalle precisazioni fatte dallo stesso Ruffini.
Nel dettaglio, ci sono 153,1 miliardi di euro sono dovuti da soggetti falliti, 118,9 miliardi di euro da persone decedute e imprese cessate, 109,5 miliardi da nullatenenti (in base ai dati presenti nell’Anagrafe tributaria), 68,8 miliardi di euro l’attività di riscossione è sospesa per provvedimenti di provvedimenti di autotutela emessi dagli enti creditori, in forza di sentenze dell’autorità giudiziaria. Queste voci valgono circa il 40% del totale. Vanno poi considerati 14,7 miliardi oggetto di rateizzazioni in corso e 79,6 rispetto ai quali la riscossione può fare poco o nulla per via di specifiche norme a favore dei contribuenti (soglia minima per l’iscrizione ipotecaria, impignorabilità della prima casa, limiti di pignorabilità dei beni strumentali e limitazione alla pignorabilità di stipendi).
Altri 410 miliardi si riferiscono a contribuenti per i quali non c'è stato in questi anni il recupero integrale del crediito nonostante le azioni esecutive o cautelari messe in atto. AdE-Riscossione quindi, come previsto dalla legge, farà ulteriori tentativi. Ruffini ha evidenziato che «le varie rottamazione di questi anni e anche l'annullamento delle posizioni inferiori ai 1.000 euro relative al periodo 2000-2010 non hanno significativamente intaccato il volume complessivo dei crediti residui ancora da riscuotere».
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