Fisco, agli autonomi meno sconti per i figli fino a 400 euro l’anno

Fisco, agli autonomi meno sconti per i figli fino a 400 euro l’anno
di Andrea Bassi
4 Minuti di Lettura
Giovedì 30 Gennaio 2020, 01:17 - Ultimo aggiornamento: 09:52

I figli non sono tutti uguali. Almeno per il Fisco. Mentre il governo si prepara a ridisegnare l’Irpef, il principale prelievo sui redditi, le storture dell’attuale sistema continuano a venire alla luce. L’ultima l’ha messa in evidenza il centro studi Eutekne e riguarda il differente trattamento dei figli a seconda che il genitore sia un lavoratore dipendente oppure un autonomo.

Isee, con le nuove regole favorite le famiglie più numerose: più sgravi in base ai figli

Coronavirus "contagia" le aziende: chiusure e produzioni interrotte 



Un divario che può arrivare fino ad oltre 400 euro all’anno. Ma come è possibile? La disparità di trattamento dipende dal fatto che le detrazioni si calcola sul reddito complessivo del contribuente. Ma mentre per il dipendente la detrazione si sottrae sulla retribuzione al netto dei contributi previdenziali, per il lavoratore autonomo la detrazione di calcola sul reddito al lordo dei contributi previdenziali.

Non solo. Il lavoratore autonomo sconta anche un’aliquota più alta di contributi pensionistici: il 25% per gli artigiani, i professionisti e le partite Iva senza cassa autonoma contro il 9% dei dipendenti. Così, solo per fare qualcuno degli esempi dello studio di Eutekne, con un reddito disponibile dopo i contributi pari a 24.000 euro, su cui è dovuta un’Irpef lorda di 5.880 euro, il dipendente con un figlio a carico ha diritto a una detrazione di 710 euro, mentre l’artigiano, il commerciante e il lavoratore autonomo senza cassa soltanto di 630 euro.

Se poi il reddito disponibile dopo i contributi sale a 60.000 euro, il divario di detrazione spettante dalla medesima imposta lorda si allarga da 80 a 200 euro e può arrivare a 444 euro nel caso di due figli a carico con età inferiore a 3 anni. «Poiché la ratio dell’attuale disegno dell’Irpef non può certamente essere quella di affermare che, a parità di reddito disponibile o imponibile, il figlio di un autonomo vale meno di quello di un dipendente», commenta l’ex vice ministro all’Economia Enrico Zanetti, «pare evidente che questa autentica stortura andrebbe quanto prima corretta».

L’OCCASIONE
L’occasione potrebbe essere quella della riforma dell’Irpef, per la quale il confronto è appena iniziato. I partiti di maggioranza stanno iniziando a preparare le loro proposte e anche al ministero dell’Economia le simulazioni sono in corso. Ovviamente servirà poi una sintesi politica delle diverse posizioni che non si preannuncia semplice. L’obiettivo è di arrivare a preparare un disegno di legge delega entro aprile che faccia da cornice all’intera riforma. Il Movimento Cinque Stelle non ha mai fatto mistero di voler improntare una riforma basata su tre aliquote, con una no tax area allargata dagli attuali 8.145 euro fino a 10.000 euro di reddito.

La prima aliquota Irpef resterebbe al 23% per i redditi tra 10.000 e 28.000 euro; Il secondo scaglione si attesterebbe al 37% per i redditi tra 28.000 e 100.000 euro, e l’aliquota maggiore sarebbe quella del 42% per i redditi superiori a 100.000 euro. Italia Viva, per bocca del suo responsabile economico Luigi Marattin, ha proposto una l’accorpamento di tutti gli sconti fiscali in una detrazione unica di 8 mila euro, alla quale se ne aggiungerebbe un’altra identica nel caso in cui il coniuge fosse a carico. Le detrazioni sui figli scomparirebbero e verrebbero integrate nell’assegno unico per le famiglie al quale sta lavorando da tempo il ministro Elena Bonetti.

Il Pd per ora tiene le carte coperte, ma anche la riforma allo studio del ministro Roberto Gualtieri guarderebbe ai redditi medi, quelli rimasti fuori dal bonus dei 100 euro e che oggi scontano un’aliquota del 38%.

Il vero problema restano le risorse. Il governo ipotizza di destinare alla riforma una decina di miliardi. Cinque dovrebbero arrivare dall’assorbimento del bonus 100 euro per i redditi sopra i 28 mila euro, che ha la forma di una detrazione sul lavoro. Altrettanti da una “revisione” delle aliquote Iva e da una razionalizzazione di tutte le detrazioni fiscali e i regimi Irpef speciali. Un compito tutt’altro che semplice, anche perché le voci principali degli sconti fiscali riguardano la salute i mutui sulla prima casa. Due voci che il governo ha già chiarito di non voler intaccare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA