Carcere agli evasori, pene inasprite: aumentano i rischi per chi dichiara

Carcere agli evasori, pene inasprite: aumentano i rischi per chi dichiara
di Andrea Bassi
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Martedì 22 Ottobre 2019, 07:50 - Ultimo aggiornamento: 13:41

Pene più severe per le frodi fiscali. Ma non solo. Le porte del carcere potranno aprirsi più facilmente anche per coloro che pur dichiarando correttamente il dovuto, non versano o non sono in grado di versare le somme dovute al Fisco. Il governo si prepara a smontare la riforma del governo Renzi, entrata in vigore poco più di quattro anni fa. Il dietrofront avverrà immediatamente, sarà inserito nel testo del decreto fiscale, ma con una formula che prevede l'entrata in vigore solo dopo la conversione in legge del provvedimento. Formula che dovrà passare il vaglio del Colle. Ma soprattutto è il segno che sul pacchetto che sarà inserito nel decreto l'accordo non è blindato. Probabile, insomma, che in Parlamento ci siano modifiche. Molte le novità, comunque. A partire dall'innalzamento della pena massima per le frodi fiscali che passerà da 6 anni a 8 anni. L'intenzione del ministro della giustizia Alfonso Bonafede, è di rivedere tutte le pene e anche le soglie oltre le quali scatta la punibilità. E qui potrebbero esserci le sorprese più rilevanti. Le frodi fiscali, quelle che si basano su fatture false o dove le fatture sono del tutto inesistenti, non hanno già oggi nessuna soglia. Anche se si evade un solo euro si rischia il carcere. Le soglie esistono soltanto per le ipotesi non fraudolente, come la dichiarazione infedele. Qui la soglia verrebbe fatta scendere dagli attuali 150 mila euro a 100 mila euro e la pena fatta salire dagli attuali 3 anni fino a 5 anni. Anche la pena minima sarebbe ritoccata verso l'alto, da un anno a due anni. Ma il vero punto delicato è quello che riguarda gli omessi versamenti sia delle ritenute certificate e dichiarate, sia dell'Iva. Nel 2015, quando fu fatta la riforma Renzi, fu deciso di alzare queste soglie per andare incontro soprattutto ai piccoli e medi imprenditori alle prese con la crisi economica.

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LA CONTRORIFORMA
Le cronache, in quegli anni, erano piene di storie di capi azienda costretti a scegliere se pagare i dipendenti o se versare le tasse. Così, proprio in quell'epoca e per quel dibattito, furono avviate le «rottamazioni» e le rateazioni per andare incontro alle esigenze delle imprese in crisi, fu depotenziata Equitalia (alla quale fu cambiato anche il nome in Agenzia delle Entrate-Riscossione) e furono alzate le soglie oltre le quali scattavano le sanzioni penali. Il ragionamento fu quello di evitare che imprenditori onesti ma in difficoltà, dovessero affrontare giudizi penali oltre che contenziosi tributari.

IL NUOVO SCHEMA
Nel nuovo schema, invece, la soglia di punibilità per l'omesso versamento di ritenute dichiarate, passerebbe da 150 mila a 100 mila euro, mentre l'omesso versamento dell'Iva scenderebbe da 250 mila a 150 mila euro. Delle attenuanti, nella nuova riforma, sarebbero concesse a chi ammette gli illeciti, o che ha in corso procedure di regolarizzazione e per le imprese che avviano percorsi di concordato. In realtà, nella riforma del 2015, fu inserita una norma che permetteva di chiudere il procedimento penale se, prima dell'inizio del dibattimento, veniva saldato completamente il conto con il Fisco, versando oltre alle imposte evase tutte le sanzioni e gli interessi. Bisognerà capire se questa norma resterà in piedi.
Il pacchetto dovrebbe poi contenere anche l'estensione ai reati di evasione fiscale della cosiddetta «confisca per sproporzione». Si tratta di una misura oggi applicata ai reati di mafia, quando soggetti spesso nullatenenti risultano intestatari di enormi patrimoni. Anche per gli evasori ci sarebbe questo tipo di confisca, che porterebbe al sequestro dei beni posseduti non giustificati dai redditi dichiarati. Una misura delicata, molto più complessa da applicare agli imprenditori, la cui ricchezza talvolta può risiedere nelle imprese piuttosto che nei redditi personali.
 

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