Erbe officinali, è boom: giro d'affari da un miliardo

Erbe officinali, è boom: giro d'affari da un miliardo
di Carlo Ottaviano
4 Minuti di Lettura
Domenica 16 Gennaio 2022, 02:14 - Ultimo aggiornamento: 17 Gennaio, 09:51

ROMA Come usare la menta dolce e piperita si sa. Che invece la lespedeza, essiccata e sciolta in tisana, sia utile a proteggere i capillari e come diuretico, è meno noto. Sono le due erbe officinali – delle 296 finora censite – in assoluto più e meno raccolte in Italia: tra 250 e 300 ettari coltivati per la menta, mezzo ettaro appena in centro Italia per la lespedeza. Nel mezzo c’è di tutto: la comunissima lavanda, la più preziosa escolzia, l’assenzio (nelle varietà romano, pontico o gentile) e via via scorrendo gli elenchi. Ma quali? Tra poco andrà finalmente in soffitta l’elenco in vigore dal 1931, solo parzialmente modificato da una legge del 2018. In settimana un accordo Stato-Regione (dopo due anni e mezzo di confronto) ha infatti dato via libera alla nuova rubricazione regionale delle piante officinali coltivate, stabilendo al contempo i criteri di raccolta e prima trasformazione delle specie spontanee. E’ stato così introdotto, precisa il ministero dell’Agricoltura, «un quadro normativo innovativo a livello europeo, a beneficio delle moltissime aziende agricole interessate ad avviare un’attività di coltivazione e prima trasformazione».

Aumentano le fattorie verticali, una crescita media annua del 24,6%

Piante officinali, Agrinsieme: Bene il decreto ma si è persa un'occasione per la canapa 


LA FILIERA
Visti i numeri economici del settore, per quanto imprecisi, è estremamente utile fissare alcuni punti fermi, a tutela in primo luogo dell’ambiente e dei consumatori finali. Dati certi non esistono «perché – precisa Michele Sciano lo Morello di Ismea – la filiera è complessa e difficilmente schematizzabile, già solo per quanto riguarda l’individuazione degli operatori». Le rilevazioni non aggiornate delle associazioni dei produttori Assoerbe e Fippo, parlano di circa tremila aziende del settore, di 25 mila tonnellate l’anno di volumi impiegati per un valore all’ingrosso di 120 – 140 milioni di euro. Il proliferare di erboristerie e di negozi specializzati, la voglia di naturalità da parte dei consumatori, l’innovazione dei prodotti e dei processi di trasformazione porta a circa un miliardo di euro il giro d’affari al dettaglio. Solo per la nicchia delle erbe aromatiche e solo nella grande distribuzione, lo scorso anno Nielsen ha rilevato un incremento del 25% delle vendite per una cifra di 45 milioni di euro.
L’Italia è il quinto paese produttore d’Europa (dopo Bulgaria, Francia, Finlandia e Romania).

Copriamo meno del 70% del fabbisogno nazionale e almeno un quarto delle erbe officinali utilizzate dall’Italia provengono dalla Cina, principale produttore mondiale. Si tratta però di prodotti – lamenta, per esempio, Coldiretti - che spesso non rispettano gli stessi standard di sicurezza alimentare, ambientale e di rispetto dei diritti dei lavoratori vigenti nel nostro Paese.


I PREZZI
Il boom inarrestabile dell’uso delle piante officinali (oli essenziali per la cura del corpo, aromi per l’industria alimentare e le bevande, integratori alimentari, più recentemente anche come coloranti e detergenti naturali) ha fatto ovviamente esplodere il mercato della materia prima: dall’1,10 euro a chilo del miglio all’ingrosso, ai quasi 70 euro al chilo dell’artemisie che serve per fare liquori, per non dire dello zafferano (coltivato in Abruzzo e altre regioni) che supera abbondantemente i 1.300 euro al chilo.
«L’accordo raggiunto con le Regioni – commenta positivamente Filippo Gallinella (5 Stelle), presidente della commissione Agricoltura della Camera - sarà un volano per la creazione di nuove imprese agricole. Era un testo atteso da anni dal comparto». Bene il decreto, anche secondo Agrinsieme, il coordinamento che riunisce Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari - «ma si è persa l’occasione di fare chiarezza sull’uso dell’infiorescenza di canapa industriale». Il testo approvato non ha infatti recepito la richiesta delle associazioni agricole di valorizzare pienamente in ambito officinale le piante di Cannabis Sativa L. a basso THC. «In questo caso – precisa Gallinella – rimangono le regole precedenti e servono le autorizzazioni specifiche del ministero della Salute».

© RIPRODUZIONE RISERVATA