Descalzi: «Eni anticipa l'addio al petrolio». Nasce la nuova società con energie green e retail

Descalzi: «Eni anticipa l'addio al petrolio». Nasce la nuova società con energie green e retail
di Roberta Amoruso
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Venerdì 19 Febbraio 2021, 23:15 - Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 11:23

È fatta. «L’anno più difficile nella storia dell’industria energetica», per il ceo Claudio Descalzi è alle spalle. Il risultato 2020 è in rosso cupo (8 miliardi che però diventano 740 milioni nella versione adjusted) ma con una netta ripresa nel quarto trimestre e il ritorno all’utile (il risultato adjusted è positivo per 66 milioni), che dimostra la «prova di grande forza e flessibilità» del gruppo Eni, capace di rispondere «con prontezza allo straordinario contesto di crisi e progredendo nel processo irreversibile di transizione energetica». Un’accelerazione fortemente voluta da Descalzi che ieri ha presentato il nuovo Piano industriale al 2024 basato su tre missioni cruciali: zero emissioni nel 2050, prevalenza strategica del gas (destinato a rappresentare nel lungo termine oltre il 90% della produzione) e fusione dei business delle energie rinnovabili con il retail di Eni Gas e Luce. Tutto ciò finalizzato anche a una politica dei dividendi in crescita di circa l’8% rispetto allo schema precedente.

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Descalzi, il Piano descrive un gruppo sempre più flessibile e in forte trasformazione. Come sarà Eni senza petrolio?
«La trasformazione è iniziata nel 2014.

Abbiamo costruito le tecnologie, da quelle delle bioraffinerie al waste to fuel, fino alla cattura e lo stoccaggio della Co2. L’anno scorso, dopo circa due anni di simulazioni, avevamo fissato all’80% la riduzione delle emissioni nel 2050. Ora abbiamo compiuto un altro miglio, il 20% che ci mancava, per arrivare alla totale decarbonizzazione tra 30 anni. Un target peraltro conservativo, visto che non tiene conto delle tecnologie che nel frattempo avremo implementato».


Dove sarà l’accelerazione?
«C’è un maggiore focus sui clienti: l’obiettivo passa da 11 a 15 milioni al 2030. Abbiamo creato la combinazione tra retail e rinnovabili. Anche a causa del Covid abbiamo rimodulato i profili di produzione e aumentato la percentuale di gas tra il 2030 e il 2040. Così che tutta la parte raffinazione sarà chiusa entro il 2040. Spingeremo di più anche sulla cattura e stoccaggio di Co2».

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Cosa significa che il gas rappresenterà il 90% della vostra produzione? Quando l’addio al petrolio?
«Poiché abbiamo anticipato l’obiettivo gas al 2035-2040, per allora rimarrà solo una manciata di barili di petrolio, secondo le previsioni attuali. Ricordo che il carbone c’è tuttora».


Per raggiungere i 15 Gigawatt di rinnovabili nel 2030 farete delle acquisizioni?
«Fino al 2024 cresceremo organicamente con piccole acquisizioni di progetti da sviluppare. La metà sarà invece fatta dopo l’orizzonte del piano, e passerà da acquisizioni. Ma a quel punto sarà Eni Gas e Luce a fare il passo, la società che conterrà rinnovabili e retail. E non a caso, visto che si tratta di una società che può spingere di più sulla leva del debito e può emettere green bond. Sarà tutta verde, tra energie rinnovabili e biometano. C’è ancora tempo ma ci sono già diverse idee in cantiere».

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È giusto dire che in questa nuova società ci sono le radici nell’Eni che sarà?
«Almeno una parte sì. Noi saremo sempre più cliente-centrici. La visione è corretta, ma va completata da un’altra gamba, quella del retail-oil delle stazioni di servizio. Non a caso ho messo insieme il bio-carburante con il marketing. In un quadriennio può produrre quasi un miliardo di Ebitda. Come del resto, il retail gas: con le rinnovabili raddoppierà fino ad avere 1 miliardo di Ebitda. Due belle gambe robuste, che cresceranno sempre di più perché hanno in sé tutta la componente di prodotto pulito del gruppo».


Ma c’è davvero tutto questo mercato per i biocarburanti?
«Nel 2020 le bioraffinerie in ramp up sono quelle che hanno dato il risultato più importante. Abbiamo venduto in Italia ma soprattutto nei Paesi del nord, in Germania per esempio, dove sono obbligati a mettere una componente molto alta di biocarburante. La richiesta soprattutto in Nord Europa è molto alta. E noi siamo i secondi produttori al mondo grazie a una nostra tecnologia. Altro discorso è l’idrogeno blu».

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Naturale, non ci sono ancora gli aerei a idrogeno, lo stesso vale per le auto.
«Noi siamo i più grossi produttori di idrogeno, ma anche grandi consumatori: l’Eni l’idrogeno blu non lo fa per venderlo. Lo compra. Oggi non vedo altro mercato».
Il Piano prevede 28 miliardi di investimenti in quattro anni ma non tiene conto del supporto del Recovery.
«È un’opportunità aggiuntiva grazie alla quale potremo accelerare ulteriormente il processo di decarbonizzazione. Quei 15 progetti a regime possono ridurre 6,4 milioni di tonnellate di Co2. Un bel traguardo». 
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