Energia, il tetto Ue sui ricavi beffa l’Italia: sull’elettricità favorita la Germania

Il “cap” però si applica solo a poche centrali italiane. In Germania invece incassi miliardari

Energia, il tetto Ue beffa l Italia: sull elettricità favorita la Germania
di Andrea Bassi
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Domenica 9 Ottobre 2022, 00:01 - Ultimo aggiornamento: 15:20

Un primo passo verso un tetto al prezzo dell’energia elettrica l’Europa lo ha compiuto. Ma la decisione rischia di essere una beffa per l’Italia. Anche questa volta, ad avvantaggiarsene, potrebbero essere paesi come la Germania, già finita nell’occhio del ciclone per i 200 miliardi di aiuti decisi per le proprie imprese. La Commissione europea ha appena pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Ue il regolamento che, tra le altre cose, introduce un tetto ai ricavi dell’energia elettrica prodotta da fonti diverse dal gas. Chi produce e vende elettricità con l’eolico, il solare, le biomasse, i rifiuti, la lignite, il nucleare, l’idroelettrico, il petrolio e anche la torba, non potrà incassare più di 180 euro al Megawattora. Il meccanismo funzionerà così: l’energia continuerà ad essere venduta al prezzo di mercato, supponiamo per semplicità che sia di 380 euro al Megawattora. Chi utilizza quell’energia la continuerà a pagare a questa cifra. Ma il produttore potrà “trattenere” solo 180 euro per ogni Megawattora. La differenza, in questo caso 200 euro, dovrà essere girata allo Stato. A quel punto ciascun governo potrà decidere in che modo ridurre le bollette utilizzando questo incasso. La prima domanda è: quanti soldi riuscirà ad ottenere il governo italiano attraverso questo tetto sui ricavi dell’energia? Le prime stime sono abbastanza deludenti. Per diverse ragioni. Innanzitutto perché circa la metà della produzione elettrica italiana è ottenuta con centrali a gas. E il metano è fuori da questo tetto ai ricavi. Così come sono fuori i grandi bacini idroelettrici (solo quelli «senza serbatoio» sono colpiti dal cap) ed è fuori anche il carbone ad eccezione della lignite che in Italia non è praticamente utilizzata. Inoltre in Italia il decreto sostegni-ter ha già fissato un cap di 65 euro a una parte delle rinnovabili. 

I CONTEGGI
Insomma, secondo i primi conteggi approssimativi, l’incasso aggiuntivo per le casse dello Stato non dovrebbe superare i 3 miliardi di euro.

Il punto però, è anche un altro. Questo tetto ai ricavi potrebbe avvantaggiare Paesi come la Germania, che invece produce ben 60 Terawattora di elettricità con la lignite, ha ancora tre centrali nucleari attive e un enorme parco di rinnovabili da sottoporre al cap. Berlino con il gas produce si e no il 10 per cento della sua elettricità. Il tetto ai ricavi dell’energia prodotta dalle centrali “non a gas”, insomma, potrebbe valere per la Germania alcune decine di miliardi, che si andrebbero ad aggiungere ai 200 già stanziati per il sostegno all’economia. Soldi che se usati per ridurre le bollette alle imprese, rischierebbero di falsare la concorrenza in Europa.

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I PROGETTI
Intanto ieri sul tema dell’energia è intervenuto di nuovo Claudio Descalzi. L’amministratore delegato dell’Eni ha sottolineato che «l’inverno più duro sarà quello del 2023/24». Soprattutto se l’Italia non potenzierà le sue infrastrutture. «Serve», ha detto Descalzi, «più capacità di stoccaggio, e servono più rigassificatori». E proprio sulla capacità di stoccaggio, l’amministratore delegato dell’Eni ha ribadito (come aveva fatto al Messaggero) la necessità di incrementare i depositi puntando sui pozzi esauriti in Adriatico. «Ci sono già progetti», ha sottolineato Descalzi, «si possono prendere campi esauriti o che hanno ancora gas (che diventa cushion gas quello che spinge) e si può fare anche velocemente». La ragione è semplice. Se invece di avere 16 miliardi di gas nelle riserve ne avessimo 24 o 25 miliardi, durante l’inverno potremmo fronteggiare anche punte di 200 milioni di metri cubi al giorno. Descalzi ha provato anche a spiegare perché il prezzo del gas in queste settimane sta scendendo. La ragione, ha detto, è che il sistema si sta adeguando al nuovo scenario. «Non c’è mai stato un momento», ha detto Descalzi, «in cui la domanda fosse maggiore dell’offerta. In Italia la domanda è di 150 milioni di metri cubi al giorni e l’offerta di 200 milioni ma anche in Europa, se la domanda è di 650 milioni di metri cubi l’offerta è di 1 miliardo».


 

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