Donne e lavoro, Istat: più precarie e meno retribuite

Donne e lavoro, Istat: più precarie e meno retribuite
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Mercoledì 26 Febbraio 2020, 18:15 - Ultimo aggiornamento: 27 Febbraio, 11:05
(Teleborsa) - Donne e lavoro, un binomio che - nonostante gli sforzi e qualche passo avanti - purtroppo ancora stenta a decollare. Precarietà, minore accesso alle figure apicali, crescita del part time involontario e della "sovraistruzione", continuano, infatti, a caratterizzare l'occupazione femminile. Le donne che lavorano a tempo determinato sono nella media dei primi tre trimestri 2019 il 17,3% e quelle in part time sono ormai un terzo, il 32,8% contro l'8,7% degli uomini. Il part time "non è cresciuto come strumento di conciliazione dei tempi di vita, ma nella sua componente involontaria" che ha superato il 60% del totale contro il 34,9 dello stesso periodo del 2007.


E' quanto emerso nel corso dell'audizione di Linda Laura Sabbadini, direttore della Direzione centrale per gli studi e la valorizzazione tematica nell'area delle statistiche sociali e demografiche dell'Istat, nel corso di un'audizione alla Commissione Lavoro della Camera.

Al Sud occupata neanche una donna su 3 - Particolarmente in affanno la situazione nel Mezzogiorno dove nel 2018 solo il 32,2% delle donne tra i 15 e i 64 anni lavora (contro il 59,7% nel Nord), un valore inferiore alla media nazionale delle donne nel 1977 (33,5%).

Per le donne resta più complesso trovare una collocazione sul mercato del lavoro adeguata al percorso di istruzione seguito: le laureate di primo livello, occupate a quattro anni dal conseguimento del titolo, svolgono una professione consona al loro livello di istruzione nel 67% dei casi. Nel caso dei laureati uomini di primo livello la stessa percentuale supera il 79%. C'è poi un "gap" di genere rispetto al reddito che si quantifica tra i 233 e 275 euro al mese a tre anni da conseguimento del titolo.


 
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