Quattro miliardi di euro. Cinque al massimo. La dote che il Def, il documento di economia e finanza, metterà a disposizione del governo per sostenere l’economia sarà decisamente ristretta rispetto alle aspettative. I numeri saranno illustrati dal presidente del Consiglio Mario Draghi e dal ministro dell’Economia, Daniele Franco, nella cabina di regia convocata prima del consiglio dei ministri che dovrà approvare il documento. Un vertice che non si prospetta semplice. Le pressioni dei partiti per alzare la dote sono tante.
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A chiedere un nuovo scostamento di bilancio non sono solo, come sempre, la Lega e il Movimento Cinque Stelle.
IL PASSAGGIO
Il fatto che Draghi abbia deciso di convocare una cabina di regia prima del consiglio dei ministri, comunque, potrebbe voler dire che qualche margine di trattativa con i partiti c’è ancora per far salire leggermente l’asticella. Il nuovo decreto anti-crisi sarà comunque varato solo dopo Pasqua. E si tratterà di un decreto “selettivo”. I ristori saranno concessi solo ai settori indicati dalla Commissione europea nella sua comunicazione con la quale ha introdotto nuove deroghe agli aiuti di Stato a causa della guerra in Ucraina. Gli aiuti, insomma, riguarderanno soprattutto l’industria siderurgica, le cartiere, la ceramica e gli altri comparti colpiti dal blocco di importazioni ed esportazioni a causa delle sanzioni o del caro energia. Ci saranno aiuti anche per le famiglie più in difficoltà, come ha confermato il sottosegretario all’Economia Maria Cecilia Guerra.
MAGGIORANZA SPACCATA
E mentre il governo prova a mediare con i partiti sul Def, alla Camera la maggioranza continua a spaccarsi sulla riforma del Fisco. Il voto degli emendamenti che avrebbe dovuto iniziare ieri è slittato ad oggi. La discussione si è arenata sulla richiesta di tutto il centro-destra, di votare un emendamento per rendere obbligatorio per il governo il rispetto dei pareri espressi dal Parlamento sui decreti attuativi della riforma. Si tratta di quella che Sestino Giacomoni, capogruppo in Commissione di Forza Italia, ha definito una «clausola di salvaguardia» contro qualsiasi aumento delle tasse. «Il Parlamento», ha spiegato Giacomoni, «deve avere il potere di impedire che qualche manina dei tecnici introduca surrettiziamente aumenti del prelievo fiscale».
La “clausola” servirebbe come una sorta di assicurazione anti-rincari anche per la riforma del catasto, che il centro-destra considera il peccato originale della delega. Ma anche per impedire che possano esserci aumenti di tassazione sui titoli pubblici e sugli affitti nel passaggio al cosiddetto sistema duale.
LA SEPARAZIONE
Si tratta della separazione netta della tassazione sulle persone da quella sui redditi da capitale. Per le prime ci sarebbe l’Irpef a quattro aliquote appena entrato in vigore. Per i redditi da capitale l’intenzione è introdurre un’aliquota proporzionale unica che potrebbe essere il 23%. Ma a questa aliquota si arriverebbe gradualmente, attraverso un primo step che prevederebbe invece due aliquote, la prima che potrebbe essere inferiore al 15% e la seconda che potrebbe essere inizialmente indicata nel 26%. Ci sarebbero diversi nodi da risolvere. Il primo è la tassazione di Bot e Btp (e dei buoni postali), oggi al 12,5%. Poi c’è la cedolare secca sugli affitti, che oggi ha due aliquote: una al 10% per i canoni concordati e una al 21%. Il rischio è un aumento de prelievo. Se così dovesse essere, ha fatto sapere la Lega, «l’accordo salta». Per evitare una nuova conta e una nuova crisi, il sottosegretario all’Economia Federico Freni starebbe lavorando a un’ipotesi di compromesso.