Un nuovo inizio da 1.000 miliardi - di Arnaldo Borghesi

Un nuovo inizio da 1.000 miliardi
di Arnaldo Borghesi
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Lunedì 4 Maggio 2020, 11:43 - Ultimo aggiornamento: 17:15

Per quanto possa rivelarsi generosa, l'Europa non basterà. Lo dicono i numeri, lo dice un crollo del Pil senza precedenti e lo dice un debito destinato fatalmente a crescere oltremisura. Abbiamo perciò bisogno di una grande idea che permetta all'Italia di uscire dalle sabbie mobili che rischiano di inghiottirla. Un'idea ambiziosa, che sia semplice ma allo stesso tempo potente. Non abbiamo molte opzioni. Il percorso è stretto e impervio, costeggiato da pericolose scarpate. Possiamo farcela solo se saremo veloci e determinati. Ed ecco l'idea: l'emissione da parte del Tesoro di un prestito irredimibile perpetuo fino a 1.000 miliardi di euro, 400 miliardi per finanziare il rilancio dell'economia post-Covid e 600 miliardi per ridurre il debito (in quanto prestito irredimibile perpetuo non viene contabilizzato come debito) avvicinandone al 100% il rapporto con il Pil. Sia chiaro, si tratta di una dimensione da far tremare i polsi agli occhi di chiunque, ma per chi ha dimestichezza con il mercato si tratta essenzialmente di un problema di credibilità. Al punto che, paradossalmente, l'ammontare diventa elemento portante di questa credibilità.

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Naturalmente deve trattarsi di una proposta condivisa dalla maggioranza degli italiani e realizzata da un governo che aderisca ai principi e alle regole europee, senza quelle furbizie che nel passato non ci hanno granché aiutato.
E veniamo alle condizioni, altrettanto essenziali quanto la dimensione per il successo dell'operazione. L'idea è di un prestito non forzoso ma competitivo nelle condizioni, tale da attirare l'interesse dei risparmiatori italiani e internazionali. Per esempio, un rendimento del 4% (di recente il Tesoro ha collocato con grande facilità un Btp trentennale al 3,129%) ed eventualmente un regime fiscale più favorevole sicuramente apprezzato dai molti italiani che oggi preferiscono dirigere altrove i propri risparmi. Il 4% di rendimento significa che un governo in carica per 5 anni dovrebbe mettere in conto 200 miliardi di interessi da corrispondere durante la legislatura. Troppi? Solo in apparenza, perché quei 200 miliardi spalmati su 5 anni sono in realtà la carta vincente, la garanzia data al mercato che nessun governo potrà operare ignorando il tema del debito e del servizio del debito. Nessun governo potrà dunque permettersi di considerarlo un problema di chi verrà dopo.

Da segnalare poi che 600 dei 1.000 miliardi dell'emissione sarebbero destinati, come spiegato sopra, a sostituire il debito esistente - che mediamente costa poco meno del 3% - razionalizzandolo attraverso un miglior equilibrio tra scadenze e tassi. Inoltre, vista la condizione di irredimibile perpetuo, lo Stato italiano avrebbe l'obbligo del pagamento dei soli interessi, mentre potrebbe prevedere la facoltà di rimborsi anticipati che, opportunamente congegnati, potrebbero essere associati a una progressiva riduzione del livello di interessi corrisposti. A titolo di esempio, il regolamento potrebbe prevedere la riduzione del tasso di interesse dello 0,25% per ogni rimborso di 100 miliardi, ovviamente fino alla soglia minima che potrebbe essere fissata al 2,50% qualora l'entità del prestito si riducesse ai 400 miliardi destinati a fronteggiare le conseguenze del virus.

Scendendo per li rami e grazie a una semplificazione qui necessaria, supportata da un calcolo stimato, si arriva alla conclusione che sul fronte dei costi per il Tesoro il punto di pareggio tra situazione esistente e situazione post emissione si realizzerebbe con una diminuzione del tasso medio sullo stock di debito residuo (i 1.800 miliardi che resterebbero dopo la sottrazione dei 600 di cui sopra) di circa 40 punti base, grosso modo la metà dello spread a 10 anni tra Italia e Portogallo. E' mia convinzione che la riduzione del costo medio del debito potrà essere ben più significativa dei pochi punti necessari a pareggiare le due situazioni. Va da sé che un'emissione così concepita ci eviterebbe le temute - vere o presunte - limitazioni di spesa e deficit di bilancio da parte della Commissione Ue, lasciandoci liberi di trovare il miglior equilibrio tra crescita, investimenti, spesa corrente, deficit o avanzo. In tutto ciò Bce e Bankitalia avrebbero un ruolo fondamentale. Insieme dovrebbero attivamente operare sui mercati con acquisti e vendite di titoli per attenuare le oscillazioni eccessive dovute agli arbitraggi tra stock esistente e titoli di nuova emissione. Potremmo anche ipotizzare uno scambio parziale o totale tra lo stock di debito pubblico italiano detenuto dalla Bce e i titoli irredimibili di nuova emissione. Anche Bankitalia potrebbe procedere con opportune offerte di scambio sul mercato, riducendo in modo significativo la componente cash dell'operazione.

Non sappiamo se e come funzioneranno le Fasi 2 e 3 in Italia e nel mondo. Non sappiamo se a ottobre il virus tornerà e con quali impatti. Sappiamo però che raccogliere direttamente le risorse (la quota di 400 miliardi dell'emissione) destinate al rilancio del Paese riducendo a un tempo il rapporto debito/pil vicino al 100% conferirebbe al Paese ben diversa credibilità in Europa e nel mondo e, di conseguenza, una più ampia capacità di manovra e di reazione. Inoltre, uno strumento così concepito tornerebbe sicuramente a stimolare l'interesse del risparmio italiano: risparmio che da tempo si è mosso su investimenti esteri alla ricerca di rendimenti e di mercati liquidi, talvolta con rischi anche elevati, ma inevitabilmente alimentando lo sviluppo di iniziative di imprese e Paesi nostri concorrenti.
 

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