Nostalgia di Draghi/ Il grave errore di Francoforte fa male al Paese

Nostalgia di Draghi/ Il grave errore di Francoforte fa male al Paese
di Osvaldo De Paolini
4 Minuti di Lettura
Venerdì 13 Marzo 2020, 00:54 - Ultimo aggiornamento: 06:35

Un esordio più rovinoso non poteva rivelarsi quello di Christine Lagarde, presidente della Bce, alla sua prima vera prova del fuoco. Ieri, durante la tradizionale conferenza stampa invece di trasmettere segnali decisi a un mercato che più tempestoso e scosso dal Coronavirus non potrebbe essere, ha provocato il peggior ribasso di Borsa degli ultimi 80 anni. A differenza di ciò che fece il suo predecessore Mario Draghi, quando nel luglio 2012 lanciò il suo orgoglioso «whatever it takes» in difesa dell’euro, Lagarde dopo aver precisato che non è compito della Bce «chiudere gli spread» (provocando in tal modo un danno gravissimo all’Italia, come spieghiamo a pagina 2 del giornale) si è limitata a constatare il «grave shock subito dalle prospettive di crescita per il coronavirus» sollecitando - per l’ennesima volta inascoltata - «ambiziosi e coordinati interventi fiscali» da parte dei governi europei, offrendo in tal modo la prova plastica di quanto questi richiami siano ormai inefficaci. Avrebbe dovuto esplicitare con determinazione che la Bce non si fermerà davanti a nulla pur di impedire la destabilizzazione del sistema, invece si è limitata a constatare che «l’economia tornerà a guadagnare velocità nel medio periodo»: Monsieur de La Palice non avrebbe saputo dire meglio. Inoltre, chiunque può comprendere che l’espressione «verrà fatto pieno uso di tutta la flessibilità prevista dal Quantitative easing» ha valore ben diverso dal «faremo tutto ciò che si renderà necessario» pronunciato da Draghi nel 2012. Se a ciò si aggiunge il mancato taglio dei tassi e l’incremento del piano di acquisto-titoli minore delle attese, diventa facile comprendere l’esplosione delle vendite guidate dalla speculazione più aggressiva. Il punto è che i mercati hanno ormai compreso che in Europa le armi della politica monetaria sono spuntate, perchè prevedibili e soprattutto misurabili nei limiti monetari imposti all’attività della Bce: mai dichiarare ai mercati quanto sei disposto a rischiare, sarebbe come infilare la testa nelle fauci del leone.

Così ieri Piazza Affari ha vissuto uno dei sell-off più massicci di sempre, lasciando sul terreno poco meno del 17% che, sommato alle perdite delle altre tre sedute della settimana, diventa il 28%. Va peraltro segnalato che quella di ieri è la più grave perdita che sia mai stata registrata da Piazza Affari negli ultimi 80 anni. Peggiore persino del Black Monday del 19 ottobre 1987, quando il listino italiano - in sintonia con il crollo di Wall Street che a fine giornata contabilizzò un -23% - cedette nel dopo Borsa il 15%.
Ancor più grave è che parte non modesta di questa perdita è dovuta a un errore di comunicazione del governatore della Banca centrale europea.

Quanto alla domanda sul che fare adesso che oggi sicuramente si pongono molti risparmiatori titolari di azioni, vale il ragionamento di chi in Borsa ha visto tante cadute e tante riprese: guai cedere al panico, perché nel medio periodo i prezzi si rivedono sempre se l’azienda è solida, mentre una vendita guidata dall’ansia potrebbe generare perdite non più recuperabili. I crolli sono una fenomeno naturale del mercato, come lo sono i rialzi. Nessuno, la sera del Black Monday nell’ottobre 1987 avrebbe pensato che di lì a otto mesi Wall Street sarebbe tornata a correre più aggressiva di prima, avendo richiuso tutte le ferite: invece è accaduto. Come tante altre volte.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA