Coronavirus, il presidente Abi Patuelli: «Via subito alle grandi opere, basta attivare l'interruttore»

Coronavirus, il presidente Abi Patuelli: «Via subito alle grandi opere, basta attivare l'interruttore»
di Osvaldo De Paolini
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Lunedì 4 Maggio 2020, 06:30 - Ultimo aggiornamento: 14 Febbraio, 16:53

Presidente Antonio Patuelli, che cosa l'ha colpita maggiormente nell'articolo in cui Romano Prodi invita il governo italiano a non perdere la grande opportunità che ci è data - con la ripartenza - per varare una politica industriale degna di questo nome?
«Fa riflettere quando sottolinea che l'Italia è piena di progetti già perfezionati e già finanziati che sono fermi perché l'intreccio delle norme e dei permessi ne impedisce la messa in moto. Concordo. Occorre urgentemente semplificare la legislazione ed anche delegificare, che non significa assolutamente economia senza regole, ma con regole meno complicate, con meno combinati disposti di leggi e regolamenti».

Scossa all’economia/ Serve un piano dello Stato per rilanciare le imprese

Significa un taglio netto delle leggi esistenti?
«Significa non sommare sempre le nuove leggi alle vecchie: le nuove leggi dovrebbero contenere sempre le abrogazioni e le semplificazioni delle pre-esistenti. Questo vale non solo per le opere pubbliche, ma per ogni settore produttivo, compreso quello bancario».

Nel suo articolo, Prodi offre anche l'idea di un capitalismo italiano indebolito, incapace di fronteggiare da solo l'emergenza. E tuttavia ancora in grado di tenere testa alle sfide del mercato. Come si conciliano le due situazioni?
«Con la crisi economica che il virus ha scatenato, emergono ancor più chiaramente le debolezze ed i limiti del capitalismo italiano, troppo spesso caratterizzato da modesti capitali e dall'economia sommersa, poco trasparente: ora le risorse opache accantonate fungono parzialmente da ammortizzatore sociale, ma non bastano certo e non possono giustificare l'elusione e l'evasione fiscale».

Condivide la necessità di un massiccio intervento dello Stato in varie forme?
«Condivido la necessità di garanzie sociali per i deboli, ma una politica economica assistenziale non basta per rilanciare davvero l'economia produttiva, lo sviluppo e l'occupazione. Occorrono capitali pubblici e privati. Non demonizzo certo i fondi pubblici soprattutto nei settori economici dove lo Stato svolge le funzioni di garante di servizi pubblici e delle libertà di tutti e di ciascuno. Ma occorre attrarre i risparmi privati verso stabili investimenti produttivi, favorendoli fiscalmente».

Prestiti agevolati o fondo perduto per ripristinare il crollo dei fatturati aziendali e commerciali?
«Ambedue, ed inoltre incentivi e sgravi fiscali».

Quindi, denari pubblici sì ma anche una importante mobilitazione del risparmio privato. Perché ciò avvenga bisogna però offrire condizioni attraenti e soprattutto ricreare un clima di fiducia.
«L'Italia può e deve farlo: i risparmi degli italiani sono rilevanti e devono essere assolutamente rispettati, non tassati ulteriormente. Occorrono misure fiscali e condizioni generali perché il risparmio venga liberamente attirato dagli investimenti produttivi per rilanciare lo sviluppo e l'occupazione».

E non servirebbe anche rilanciare l'investimento in titoli del Tesoro? Una politica industriale degna deve poter contare anche su un debito meno esposto agli umori degli investitori internazionali.
«Ne sono convinto. Anzi, è fondamentale che si riparli di sgravi fiscali se davvero si vogliono riavvicinare i risparmiatori italiani al debito pubblico. Tra l'altro, ciò aiuterebbe a ridurre ulteriormente lo spread, con grande beneficio per i conti pubblici e non solo».

Prodi ripone grande fiducia nell'Europa, sebbene con distinguo non marginali sulle modalità con cui si intende rilanciare la crescita.
«Giudico equilibrate le sue valutazioni sulle prospettive europee. Ho letto il testo integrale del discorso della signora Merkel di qualche giorno fa al Parlamento di Berlino: in esso vi è una nitida determinazione per lo sviluppo dell'Unione. Più in generale, constato positivamente che con la crisi del virus, sono state rimesse in discussione diverse molto rigide norme che incidono sul funzionamento delle banche: è un percorso di revisioni che occorre completare».

Nella sua proposta, Prodi ritiene impensabile che i modelli francese e tedesco possano essere applicati sic et simpliciter all'Italia. Non fosse altro che per la maggiore frammentazione del nostro tessuto produttivo. E tuttavia ritiene che nella nostra industria ci sia ancora molta forza competitiva. Ne conviene?
«Assodato che i fondamentali dell'Italia sono tuttora solidi, Prodi ha ragione da vendere. Il nostro Paese dispone di eccellenze che non hanno pari altrove. Ed è dunque giusto continuare a scommettere su di esse. Ma per stimolare una robusta accelerazione dello sviluppo, non basta riprendere le attività economiche con l'ottica antecedente alla crisi: occorre innestare una più forte determinazione nelle strategie economiche che devono essere di stimolo per iniziative straordinarie sociali e produttive, anche con una spinta decisa alla semplificazione delle troppo complicate leggi che frenano lo sviluppo trasparente con quei lacci e lacciuoli che già Guido Carli lamentava».

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