Coronavirus, imprese chiuse da mercoledì, le stime sul crollo del Pil

Coronavirus, imprese chiuse da mercoledì, le stime sul crollo del Pil
di Giusy Franzese
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Lunedì 23 Marzo 2020, 09:19 - Ultimo aggiornamento: 17:32
Due giorni in più sul fronte della lotta al coronavirus. Le fabbriche che producono merci non essenziali hanno tempo ancora oggi e domani per organizzare il tutto. La serrata parte da mercoledì 25 marzo. Dopo le proteste e le richieste di maggiore chiarezza da parte delle imprese, che ancora ieri a tarda sera non sapevano quali fossero le attività consentite e quali no, la decisione del governo è stata quella di far slittare il lockdown.


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​Era stato il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, ieri mattina a scrivere una lettera al premier. Gli industriali stanno «affrontando con responsabilità» questo passaggio drammatico – aveva scritto Boccia – ma serve maggiore chiarezza e più tempo almeno per riuscire a consegnare la merce già pronta in magazzino, mandare al minimo gli impianti che non possono essere chiusi, attivare gli ammortizzatori sociali per i lavoratori. E così il governo ha deciso di dare la possibilità alle imprese che sono nell’elenco delle attività non essenziali, e che quindi devono chiudere, di completare «le attività necessarie alla sospensione entro il 25 marzo».


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Il lockdown però resta. È necessario, perché in qualche modo questo virus deve essere fermato. La nuova stretta è davvero il minore dei mali. Ne sono convinti anche i sindacati che ieri in una nota congiunta hanno pesantemente criticato il governo per aver ampliato troppo lo spettro delle attività essenziali. «Non era questo quello che avevano profilato al tavolo di Palazzo Chigi - recita la nota - Così si rischia un Dpcm inaccettabile perché inutile al fine di contenere il contagio. Siamo pronti a proclamare in tutte le categorie che non svolgono attività essenziali lo stato di mobilitazione fino ad arrivare allo sciopero generale».

Certo, per il sistema economico l’impatto sarà pesante. Una vera batosta. Ci sono settori in sofferenza estrema, come quello del turismo, da settimane ormai totalmente fermo. La gente – e fa bene – non si sposta più, sicché i trasporti aerei, ma non solo, sono al collasso. E poi il commercio al dettaglio dei generi che non fanno parte del carrello della spesa. Adesso anche tutte le fabbriche, grandi, medie e piccole, e tutti i servizi non essenziali. Nessuno è in grado di prevedere oggi il vero impatto finale. Anche perché tutto dipenderà dalla durata dell’emergenza.
 


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SCENARI POSSIBILI
Il Ref-Ricerche comunque ci prova, e prevede un crollo del Pil italiano dell’8% nella prima metà dell’anno: i primi tre mesi in contrazione del 3% e poi del 5%. «L’impatto dell’epidemia aumenta. La chiusura delle attività in Italia durerà più a lungo e si sta estendendo a tutti i Paesi occidentali. Ai blocchi produttivi di molte attività dei servizi si aggiunge la caduta dell’attività in diversi settori dell’industria, con chiusure di impianti, iniziate dalla scorsa settimana» sottolinea il rapporto commissionato al Ref Ricerche da Ceresio Investors. «In questa situazione ha fatto bene il governo a chiudere tutte le attività non essenziali. La ripresa è funzione della fine dell’epidemia, che può avvenire solo se ci sono meno contatti possibili. Inutile far chiudere alcuni settori e altri no. Si rischia solo di portare sulla soglia del fallimento le aziende di quei comparti che hanno chiuso prima» dice Luca Paolazzi, partner di Ref Ricerche.

Secondo l’economista Tito Boeri, ex presidente dell’Inps, il rischio di perdere fino al 5% di Pil è «uno scenario possibile. Se nel primo semestre avessimo una caduta del Pil attorno al 10%, è presumibile che, pur mettendo nel conto un forte rimbalzo in autunno, potremmo chiudere l’anno con una decrescita finale del 5%». Il Cerved ha fatto delle stime sulla base di due scenari: il primo con fine emergenza sanitaria a fine maggio; il secondo con strascichi fino a dicembre. Nel primo caso si stima una perdita di giro d’affari delle imprese italiane di 275 miliardi di euro; nel secondo di 469 miliardi nel 2020 e di altri 172 nel 2021. Si tratta di previsioni elaborate quando ancora non era stato decretato il lockdown totale (salvo le attività essenziali). E quindi adesso probabilmente sono sottostimate.

Numeri che solo a sentirli fanno tremare i polsi. E non consola nemmeno un po’ il fatto che l’Italia non sia la sola a trovarsi in questa situazione in Europa. Si riuscirà a recuperare nel secondo semestre? Ci vorrebbe la palla di vetro, per scoprirlo. E in ogni caso molto dipenderà dalle misure di contenimento (stavolta non del virus, ma del tracollo dei sistemi economici) che saranno messe in campo a livello europeo, oltre che nazionale. È ovvio che dovranno essere poderose. Oggi i ministri dell’Ecofin saranno in teleconferenza per congelare le regole del Patto di stabilità. Domani l’Eurogruppo farà il punto sul passo successivo. Le ipotesi sono tante e anche le discussioni. L’importante è che si arrivi rapidamente a un accordo.


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