Coronavirus. Aziende, apertura a macchia di leopardo: per lo sblocco spunta la carta dei prefetti

Coronavirus Italia. Aziende, apertura a macchia di leopardo: per lo sblocco spunta la carta dei prefetti
di Umberto Mancini
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Domenica 29 Marzo 2020, 09:19 - Ultimo aggiornamento: 16:35

L'idea del governo, solo sussurrata ai sindacati, è semplice ma allo stesso tempo dirompente. E si basa su un presupposto oggettivo. Prolungare oltre il 3 aprile la chiusura della fabbriche, così come previsto dal Dcpm e dagli accordi siglati con le confederazioni, può creare gravissimi problemi non solo alla filiera produttiva, ma anche sul fronte sociale. Anche perché la Cig promessa a chi è senza occupazione tarda ad arrivare.

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Da qui l'ipotesi, fatta trapelare in alcune conversazioni riservate, di tentare una strada alternativa con una riapertura a macchia di leopardo. Calibrata su base regionale, anzi territoriale. Tenendo come punto di riferimento solo un dato: l'andamento dei contagi registrato nella zona. A decidere se l'area è sicura o meno, ovvero se è possibile riavviare i motori delle aziende, dovrebbero essere i prefetti. Del resto è a loro, in quanto rappresentati dello Stato sul territorio, che proprio il protocollo siglato con i sindacati affida il compito di controllare quali attività possano alzare la saracinesca e quali invece devono aspettare tempi migliori.

Non è ancora chiaro se questa proposta, per ora non ufficiale, possa essere formalizzata già lunedì o se sarà necessario un supplemento di riflessione. Di certo, almeno nelle migliori delle previsioni fino ad oggi disponibile, il termine fissato per inizio aprile slitterà. Secondo alcuni fino al 18, per altri, i più pessimisti, anche oltre.

Saranno comunque le autorità sanitarie a dire l'ultima parola, sfidando il pressing di Confindustria,. Gli industriali, specialmente quelli del Nord, chiedono di riattivare almeno in parte tutta una serie di attività, per evitare di perdere ulteriore terreno sui mercati internazionali.

Peccato che proprio i tentennamenti del mese scorso, con molte piccole e medie imprese non strategiche rimaste aperte, abbiano contribuito ad aumentare la forza del virus, facendo crescere i contagi.


La scelta dei prefetti che, come evidente, conoscono in maniera approfondita l'area su cui vigilano non è vista male dai sindacati che, questo è un dato certo, verrebbero comunque coinvolti nelle decisioni. L'operazione, se mai dovesse scattare, dovrà infatti essere, almeno così la pensano a Palazzo Chigi, condivisa con le organizzazioni dei lavoratori. Nessun blitz quindi, e neppure strappi.

Ogni mossa verrà fatta alla luce del sole e, sopratutto, avendo come bussola la tutela della salute dei lavoratori. Va da se quindi che un eventuale ok del prefetto, almeno a livello teorico, sarebbe legato all'adozione da parte delle aziende abilitate di tutta una serie di prescrizioni per assicurare condizioni di lavoro nella massima sicurezza. Il che significa la fornitura di mascherine, guanti e tute protettive per evitare contagi. Oltre che, naturalmente, l'avvio di procedure ad hoc per sanificare gli ambienti di lavoro, catene di montaggio in primis. Nessuno sconto quindi, semmai un incentivo a salvaguardare al meglio chi torna nei capannoni o che riapre una attività. Del resto la chiusura di molte aziende, specie nelle ex zone rosse, è avvenuta con colpevoli ritardi, ed ora l'esecutivo prima di dare un nuovo via libera vuole procedere con i piedi di piombo. Una recrudescenza del fenomeno avrebbe infatti ripercussioni ben più gravi di quelle che già adesso stanno vivendo molte filiere, allungando di nuovo i tempi della quarantena. Oltre ai prefetti, un ruolo importante, proprio per rispettare le peculiarità locali, potrebbe essere dato anche i presidenti di Regione, già responsabilizzati sul tema. Un percorso comunque tortuoso, perché ritardare o far slittare alcune produzioni rischia di innescare problematiche assai delicate, come nel caso delle acciaierie. Il blocco non può infatti durare oltre certi limiti anche per ragioni meramente tecniche di mantenimento degli impianti. Una cabina di regia tra prefetti, sindacati e aziende, radicata sul territorio, potrebbe indicare di volta in volta il sentiero migliore, tutelando lavoro e salute. E anche quel che resterà del Pil dopo l'attacco del virus.
 

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