Valanga di pratiche-lumaca con 100mila comunali in smart working

Valanga di pratiche-lumaca con 100mila comunali in smart working
di Francesco Bisozzi
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Martedì 13 Ottobre 2020, 00:14 - Ultimo aggiornamento: 14:34

 Con le nuove disposizioni in materia di smart working resteranno a casa circa centomila comunali, uno su tre. A rischio boom le pratiche-lumaca. La Pubblica amministrazione tornerà al lavoro da remoto per frenare il virus: almeno il 70 per cento di chi svolge attività considerate smartabili, ovvero circa ottocento mila statali, lavorerà in modalità agile. Non sono ancora pronti però i Pola, i piani organizzativi con cui le singole amministrazioni devono stabilire tra le altre cose i criteri di valutazione delle performance dei dipendenti pubblici in smart working per tenerli sotto controllo quando non timbrano il cartellino. I controlli arriveranno bene che va a gennaio. E nei Comuni, che hanno investito meno nella trasformazione digitale, a queste condizioni il ritorno massiccio al lavoro agile rischia di mandare nuovamente in tilt servizi demografici e tecnici, procurando disagi a cittadini e imprese. Non solo. Secondo la sindaca Virginia Raggi «lo smart working cree grossi danni economici al centro di Roma». Una posizione, espressa nella riunione governo-comuni-regione, in netto contrasto con le scelte dell’esecutivo e del suo stesso partito.

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LA MAPPA
Il Comune di Roma, per esempio, è in grado al momento di far lavorare da casa duemila dipendenti senza subire rallentamenti, avvisano i sindacati della funzione pubblica, ma per effetto delle nuove restrizioni i comunali in smart working nella Capitale saranno circa tre volte di più. A Napoli e Milano la situazione non è molto diversa. Su oltre tre milioni di statali, quelli che svolgono attività smartabili sono poco più di un milione, se si tiene conto anche degli amministrativi della scuola e della sanità. Nelle amministrazioni che hanno digitalizzato processi e banche dati, come l’Agenzia delle Entrate, lo smart working può arrivare a coinvolgere anche più del 90 per cento dei dipendenti totali. 


Nei Comuni, dove lavorano in 300 mila, invece il lavoro agile si adatta a un dipendente su due, stima la Fp Cgil, e si concentra nelle divisioni dedicate a patrimonio e urbanistica, servizi tecnici e demografici, che occupano il grosso dei lavoratori smartabili in servizio negli ex municipi ma devono ancora fare i conti con archivi cartacei e carenza di dotazioni informatiche.

Risultato? Nel Comune di Roma il numero dei dipendenti in smart working tornerà a salire sopra quota seimila (gli smartabili sono in tutto circa 9 mila) ma secondo i sindacati la macchina capitolina non è in grado di sopportare attualmente più di duemila dipendenti in lavoro agile. A Napoli su 5500 comunali possono lavorare da casa in 1600-1700 senza che l’erogazione dei servizi ne risenta, mentre adesso la quota di dipendenti in smart working appare destinato a superare abbondantemente la soglia delle duemila unità.

A Milano 8 mila comunali su 15 mila possono teoricamente lavorare a distanza, la metà dei quali svolge funzioni compatibili anche con il telelavoro: a Palazzo Marino i lavoratori agili torneranno a essere quasi 6 mila. Al Messaggero il segretario generale di Confartigianto Cesare Fumagalli spiega: «I Comuni non sono attrezzati per lo smart working e in assenza di linee guida chiare su cosa è smartabile e cosa non lo è, e di un sistema efficace di controllo delle performance erogate in modalità agile, si rischia di bloccare il Paese. Oltre ai servizi tecnici s’incepperanno quelli anagrafici e tributari». Secondo Confartigianato due pmi su tre sono state danneggiate dallo smart working nella Pa. Più colpito il settore delle costruzioni. Durante la fase uno lo smart working ha toccato punte del 90 per cento nelle amministrazioni pubbliche più digitalizzate. In seguito il numero dei dipendenti pubblici in lavoro agile è stato ridotto: dalla metà di settembre è autorizzato a rimanere a casa il 50 per cento di chi svolge attività smartabili. 


La recrudescenza dei contagi determinerà adesso un nuovo ampliamento della quota di smart worker nella Pa. Però dei cosiddetti Pola, i piani organizzativi per il lavoro agile, ancora non vi è traccia: l’obiettivo di questi piani è di portare il lavoro agile al sessanta per cento nella Pa, ma in maniera ordinata. Tuttavia alle amministrazioni è stato dato tempo fino al 31 gennaio per metterli a punto. I Pola dovranno fare chiarezza in particolare sugli strumenti di rilevazione e di verifica periodica dei risultati conseguiti. Saranno una costola dei nuovi piani delle performance, che valorizzeranno i risultati conseguiti sul breve termine proprio per monitorare più da vicino l’attività dei dipendenti in smart working. 
 

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