Class action, via libera definitivo alla riforma: ora è nel codice di procedura civile

Alfondo Bonafede
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Mercoledì 3 Aprile 2019, 13:00 - Ultimo aggiornamento: 18:39
La riforma della class action è legge. Il provvedimento che detta la nuova disciplina per le azioni legali collettive ha ottenuto infatti il via libera del Senato con 206 sì, un solo no e 44 astenuti.

La riforma sostanzialmente sposta la disciplina della class action dal Codice del consumo, dove era sino ad oggi inserita, al Codice di procedura civile, dove sono disciplinate tutte le fattispecie legali. Una sorta di promozione per la class action, che sarà ora esperibile da qualsiasi gruppo omogeneo di persone che vedano lesi i loro diritti.

La class action diventa così una categoria più ampia, in quanto togliendo ogni riferimento ai consumatori, risparmiatori o utenti, sarà ora esperibile da chiunque avanzi pretese risarcitorie per la lesione di "diritti omogenei", non più quindi "interessi collettivi". Quanto ai destinatari, sono indicate imprese ed enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle attività.

«Finalmente i cittadini italiani hanno uno strumento per unirsi e far valere insieme i loro diritti», ha affermato il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che ha promosso la riforma, ricordando che era prevista nel contratto di governo. Contraria Forza Italia, secondo cui si tratta di un provvedimento «pericoloso e inadeguato» che penalizzerà le imprese e impedirà gli investimenti.

La nuova class action «rimane un'arma spuntata» perché non tutela i cittadini. Lo afferma il Codacons.
Secondo l'associazione dei consumatori si tratta di «un'occasione sprecata nell'avvicinare la class action farsa esistente in Italia a quella reale degli Usa, di cui purtroppo conserva sostanzialmente solo il nome. Non sono stati introdotti né il principio dell'opt out, per cui tutti i consumatori che si trovano nella medesima situazione sono automaticamente parte della class action, né il principio del danno punitivo, e dunque una condanna del resistente proporzionata al fatturato e all'utile conseguito».

Il Codacons ammette che il provvedimento contiene delli elementi positivi, come «l'introduzione dell'obbligo di anticipare le spese a carico del resistente e la possibilità, ai fini dell'accertamento della responsabilità del resistente, che il tribunale possa avvalersi di dati statistici e di presunzioni semplici. Troppi, tuttavia, sono gli elementi che al contrario rappresentano un peggioramento rispetto alla class action esistente, come l'imposizione agli aderenti del versamento di fondi spese per la validità dell'adesione».

«Questo diventa quasi ridicolo nella maggioranza dei casi», afferma il Codacons. La norme dovrebbe infatti interessare soprattutto i microlesioni ma, in questi casi, «il fondo spese può essere maggiore del risarcimento, con ovvio effetto dissuasivo». La normativa prevede inoltre l'improponibilità delle azioni introdotte decorsi 60 giorni dal deposito del primo ricorso: tale disciplina «induce la presentazione affrettata e immediata di azioni di classe, con un perverso effetto di prenotazione dell'azione, costringendo altri potenziali ricorrenti a un deposito della loro azione in tempi brevissimi».
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