Casa, stretta green europea. Tovaglieri: «Alt alla direttiva Ue. È peggio della patrimoniale»

"Si rischia di non poter più comprare e vendere la maggior parte degli immobili", spiega la relatrice "ombra" del provvedimento

Casa, stretta green europea. Tovaglieri: «Alt alla direttiva Ue. È peggio della patrimoniale»
di Andrea Bassi
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Mercoledì 11 Gennaio 2023, 07:40 - Ultimo aggiornamento: 09:22

«La direttiva sull'efficientamento energetico degli edifici non è un fulmine a ciel sereno». Chi parla è Isabella Tovaglieri, europarlamentare della Lega, relatrice ombra del provvedimento in discussione al Parlamento europeo che impone di raggiungere in tempi stretti, entro il 2030, la classe energetica E a tutte le abitazioni residenziali, per poi arrivare alla classe D entro il 2033. Provvedimento che ha in tutti i modi cercato di frenare per l'impatto che rischia di avere sul mercato immobiliare italiano a causa dell'obbligo di ristrutturazione delle case energeticamente meno efficienti.

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Onorevole Tovaglieri, come si è arrivati a questo punto?

«Il progetto è nato come strategia nel 2020, e le criticità sono state fin da subito sollevate».

Cos'è una strategia?

«Un atto di indirizzo.

Una direzione di marcia. Sia chiaro, non tutte le strategie diventano atti legislativi, ma tutti gli atti legislativi europei nascono da una strategia».

In questo caso qual era la strategia?

«Era totalmente sbilanciata sul lato della sostenibilità ambientale. Si parlava esclusivamente di efficientamento energetico. In nessun modo è stata fatta un'analisi sul versante produttivo e industriale. Ricordo che tra gli auditi non c'è stato nessun soggetto del comparto edilizio. Inoltre a governare la strategia c'era un eurodeputato dei verdi e relatore della proposta di direttiva è, di nuovo, un verde».

Dunque, la direttiva è stata costruita senza sentire il mondo delle costruzioni e dei proprietari immobiliari?

«Esatto. Ed è un vulnus, visto che sono i diretti interessati delle nuove norme. Quando ne hanno preso coscienza è scattato un campanello d'allarme».

Su quali temi?

«Sulle tempistiche, innanzitutto, troppo ravvicinate. Ma anche nella sostanza delle richieste di efficientamento. Il provvedimento ha evidentemente degli aspetti critici. E questo è dimostrato anche dal fatto che sono stati promossi 1.500 emendamenti».

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È stata fatta un'analisi degli impatti sui diversi Paesi?

«No, altrimenti non staremmo a discutere di alcune normative che se approdassero a livello italiano sarebbero deflagranti. Il nostro paese è un unicum perché ha un patrimonio immobiliare vetusto, ma anche storico. Dove la presenza delle sovrintendenze non facilita la ristrutturazione. Anche giustamente, visto che non siamo la Svezia dove magari c'è da abbattere e ricostruire una casa dell'Ikea o la Germania dove ci sono i grandi fondi di investimento in grado di sostenere i costi delle ristrutturazioni. In Italia c'è una proprietà frazionatissima e soprattutto la casa ha anche un valore sociale. Chi ha dei risparmi in Italia tendenzialmente li investe nella casa, considerato il bene rifugio per eccellenza».

Sembra di capire che la direttiva europeo rischia di nascondere una patrimoniale...

«Peggio. La patrimoniale è una tassa, depaupera i risparmi ma il patrimonio resta. Con l'obbligo di ristrutturazione legato all'efficienza energetica, la maggior parte degli immobili italiani perderà le caratteristiche per essere comprato e venduto. Questo significa che, se uno ha un mutuo, la banca perde la garanzia costituita dall'immobile. Sui nuovi mutui, in caso di abitazioni a bassa efficienza, le banche potrebbero chiedere interessi maggiori per concedere il finanziamento. Ma soprattutto ci sarà sempre meno mercato per questi immobili».

Ma ci sarà più mercato per quelle delle classi maggiori di efficienza energetica?

«Sì, ma non saranno sufficienti a soddisfare la domanda abitativa. Questa riclassificazione energetica è devastante».

Che margini ci sono a questo punto di modificare questa proposta?

«In teoria il negoziato è ancora aperto. Di fatto però siamo alle battute finali. In teoria andrebbe votato in Commissione il 24 gennaio. Anche se noi chiediamo di procrastinare questo termine. Si stanno prendendo decisioni affrettate su un tema troppo complesso e delicato».

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