Case green, allarme sulla direttiva Ue: due immobili su tre sono da ristrutturare

Secondo i dati dell’Associazione dei costruttori, sono 9 milioni gli edifici non in regola con gli obiettivi. Il presidente dell’Ance Brancaccio: «Serve subito un sistema strutturato di incentivi statali mirati»

Case green, allarme sulla direttiva Ue: due immobili su tre sono da ristrutturare
di Andrea Bassi
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Giovedì 12 Gennaio 2023, 21:58 - Ultimo aggiornamento: 14 Gennaio, 11:39

Con la nuova direttiva europea sull’efficientamento energetico degli edifici, in Italia dovrebbero essere ristrutturate più di due case su tre. A spiegarlo è un documento dell’Ance, l’Associazione nazionale dei costruttori che sull’attuazione della normativa europea ha espresso più di una critica. «La proposta di direttiva europea sull’efficienza energetica degli immobili», spiega il Presidente dell’Ance Federica Brancaccio, «pone obiettivi ambiziosi, in particolar modo per l’Italia che possiede un patrimonio immobiliare particolarmente vetusto. Ben il 74% dei nostri immobili», prosegue, «è stato realizzato prima dell’entrata in vigore della normativa completa sul risparmio energetico e sulla sicurezza sismica».

Secondo i dati dell’Ance su 12,2 milioni di edifici residenziali, oltre 9 milioni non sono in grado di garantire le performance energetiche, previste dalle nuove normative.

Ma soprattutto nei tempi brevi, con il primo step nel 2030, previsti dalla proposta di direttiva comunitaria. Per farlo, inoltre, occorrerebbe un sistema di aiuti pubblici stabile. «Per andare nella direzione indicata dall’Europa», spiega ancora Brancaccio, «occorre una politica industriale di ampio respiro, con un sistema strutturale di incentivi mirati a coinvolgere la più ampia platea possibile. Grazie al Superbonus 110 per cento», aggiunge ancora il Presidente dell’Ance, «questo grande processo di riqualificazione era finalmente iniziato e solo da poco erano partiti anche i cantieri dei condomini. Ma con l’attuale blocco dei crediti e l’incertezza sui bonus dovuta alle continue modifiche normative», spiega Brancaccio, «dubito che si possano centrare non solo gli obiettivi fissati dalla direttiva, che certamente dovranno essere rivisti perché eccessivamente stringenti e con una tempistica troppo ridotta, ma qualunque altro progetto di efficientamento energetico che il momento storico ci impone».

Intanto in Europa il negoziato sulla direttiva prosegue. La votazione in Commissione ambiente del Parlamento europeo è stata fatta slittare dal 24 gennaio al 9 febbraio. La bozza di compromesso prevede l’obbligo che gli edifici raggiungano almeno la classe energetica «E» entro il 2030 e quella «D» entro il 2033. Alcune esenzioni sono già stata decise. A partire da quella degli immobili qualificati «ufficialmente» come di interesse storico. Questo, nel caso dell’Italia, significa che non sarà necessario procedere alla riqualificazione energetica di tutti gli edifici “tutelati” dalle norme sui beni culturali. Si tratta di una eccezione importante, ma che non coglie però la presenza nei centri storici delle città italiane di un numero elevato di immobili “antichi” e di pregio che tuttavia non hanno la tutela «ufficiale» dei beni culturaii. Un’altra esenzione che in Italia ha un impatto rilevante, è quella per gli edifici di culto. Così come non saranno sottoposte all’obbligo di ristrutturazione le abitazioni indipendenti inferiori a 50 metri quadrati di superficie e le seconde case, a patto che siano abitate per meno di quattro mesi l’anno. 

Il passaggio

Un altro passaggio critico della direttiva, sollevato sempre dall’Ance, è il nuovo metodo di calcolo della prestazione energetica degli edifici. Ad essere valutato non sarà più, come oggi, il «fabbisogno energetico» dell’edificio, ma anche il «consumo dell’energia». Cosa significa esattamente? I nuovi parametri dovranno tenere conto del comportamento delle persone che abitano gli appartamenti o le case unifamiliari. Chi ha un comportamento “virtuoso” sarà premiato con una classe energetica superiore . Introdurre questo parametro, secondo l’Ance, è «inopportuno», perché troppo influenzato dal comportamento dell’utente finale in funzione dei suoi comportamenti e delle sue esigenze di comfort. Sarebbe insomma opportuno mantenere un approccio legato al solo fabbisogno energetico del fabbricato. 

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