Calisto Tanzi, crac Parmalat: quegli 80mila risparmiatori in una voragine da 14 miliardi

Solo un risarcimento parziale a quanti avevano investito nelle azioni del gruppo. Sette i procedimenti penali e migliaia le cause civili: 2 milioni di pagine di atti

Calisto Tanzi, quegli 80mila risparmiatori in una voragine da 14 miliardi
di Valentina Errante
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Domenica 2 Gennaio 2022, 13:07 - Ultimo aggiornamento: 15:23

Era il 27 dicembre 2003 quando la notizia dell'arresto di Calisto Tanzi e del crac miliardario della multinazionale del latte fece il giro del mondo. Mentre il Tribunale fallimentare di Parma dichiarava lo stato di insolvenza dell'azienda, l'imprenditore veniva fermato dai finanzieri nel centro di Milano. Era appena tornato da un viaggio a Quito e il sospetto che fosse volato in Ecuador per mettere in salvo una parte del tesoro accumulato con distrazioni milionarie non ha mai trovato riscontri. La disastrosa situazione dell'azienda era già nota al patron dell'impero del latte, che a ottobre 2003 si era dimesso da tutte le cariche e aveva chiamato il consulente Enrico Bondi a risollevare le sorti dell'azienda. Nessuno però immaginava che alla fine il buco raggiungesse la cifra monstre di 14 miliardi, travolgendo parte dei risparmi di 80mila tra investitori istituzionali e azionisti. Tanzi è stato condannato in tre diversi procedimenti per aggiotaggio, bancarotta fraudolenta e per il crac di un'altra sua società, la Parmatour. Alla fine le pene hanno superato venti anni, scontati in carcere solo in parte.

IL CRAC

Per coordinare le indagini sul crac dell'azienda, la procura di Parma costituì un pool di tre magistrati, dividendo i procedimenti in diversi filoni: la bancarotta di Parmalat spa e Parmalat Finanziaria, il default del comparto turistico del gruppo, Parmatour, il crac del Parma Calcio, il troncone relativo ai politici che avevano avuto rapporti con Tanzi (l'unico chiuso con un'archiviazione) e i fascicoli sulle banche italiane ed estere che avevano finanziato per anni aziende decotte e venduto i bond ai risparmiatori, le inchieste Ciappazzi e Eurolat, che finirà a Roma, così come l'aggiotaggio a Milano.

Fino al 2007 la procura di Parma ha continuato ad aprire fascicoli in seguito a denunce. Rogatorie in Francia, Regno Unito, Lussemburgo, Usa, Svizzera, Isole Cayman, Malta, Liechtenstein, Ecuador: atti da 2 milioni di pagine. L'inchiesta principale si concluderà con la condanna definitiva di Tanzi a 17 anni e 5mesi. Gli inquirenti con un gruppo di finanzieri distaccati da Bologna trovano in Fausto Tonna (condannato a nove anni e tornato in carcere all'inizio del 2021) ex direttore finanziario di Parmalat la gola profonda sulle operazioni finanziarie che avevano consentito al gruppo di truccare i conti, nascondendo le perdite.

 


I guai di Tanzi erano cominciati alla fine del 99 quando il gruppo ha acquisto per 700 miliardi di lire (350 milioni di euro) Eurolat, la società del gruppo Cirio di Sergio Cragnotti, per consentire all'ex patron della Lazio di rientrare dei debiti con Capitalia. Erano le cosiddette operazioni a incaglio, con i debiti che generavano altri debiti. Uno schema che, per la procura si sarebbe ripetuto nel 2002, quando Tanzi acquista da Giuseppe Ciarrapico la Ciappazzi. Tanzi per i crac totalizza condanne a 21 anni e cinque mesi di reclusione, ma è con il passaggio in giudicato della sentenza a 8 anni e un mese pronunciata a Milano (maggio 2011) che torna in carcere Tanzi viene ancora arrestato. Mentre le indagini sono ancora in corso la magistratura sequestra il tesoretto di oltre 100 opere d'arte che l'ex patron aveva occultato prima del crac.

LE BANCHE

Il Tribunale di Milano invece ha assolto le banche. I manager di Morgan Stanley, Citigroup, Deutsche Bank e Bank of America, accusati di aver gonfiato con false comunicazioni al mercato i titoli della Parmalat e di aver emesso bond spazzatura ingannando i risparmiatori sono stati tutti assolti. Gli unici condannati per l'operazione Ciappazzi sono stati l'ex presidente di Capitalia, Cesare Geronzi, e a tre anni e sei mesi l'ex ad della banca romana, Matteo Arpe, per bancarotta fraudolenta.

I RISPARMIATORI

Solo 5 miliardi di passivo erano dichiarati a fronte del buco reale di 14 miliardi, la maggior parte dei quali (9,6 miliardi) ottenuti attraverso obbligazioni. Il castello di carta Parmalat comincia a cedere nel dicembre 2002, un anno prima del default, quando viene emesso un bond da 150 milioni di euro con l'aiuto di Unicredit. Sullo stato dei risarcimenti non c'è un quadro generale, i risparmiatori non hanno potuto costituire una class action, perché all'epoca dei fatti la legge non lo consentiva. Le associazioni di consumatori calcolano che tra 70 e 80 mila risparmiatori coinvolti hanno recuperato solo il 50% dei 7 miliardi di euro investiti. Centinaia di parti civili non sanno ancora se otterranno o meno un risarcimento. Per gli obbligazionisti, invece, il commissario straordinario Bondi, chiamato a gestire l'azienda dopo il default, ha distribuito le azioni della nuova Parmalat ritornata in Borsa, in cambio dei bond oramai senza valore. Chi aveva acquistato obbligazioni tra 5 e 10mila euro ha recuperato soltanto il 48 per cento. E la percentuale va via via calando con l'aumentare dell'investimento, fino al 31% recuperato da chi ha aveva investito 100mila euro. A questa percentuale occorre aggiungere il risarcimento che i più fortunati hanno ottenuto grazie alle azioni legali. Sono circa 32mila i componenti del comitato clienti San Paolo che avrebbero avuto un ritorno medio di circa il 70-75 per cento. Altri 2mila, rappresentati da Conconsumatori hanno recuperato circa il 30% del capitale investito. Una galassia di cause che in pochissimi casi si sono chiuse felicemente.

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