Lavorare a 35 gradi, arriva la cassa integrazione per il caldo: nei cantieri è rischio ritardo

Pronta la circolare dell'Inps e dell'Inail dopo gli incidenti di queste settimane

Lavorare a 35 gradi, arriva la cassa integrazione per il caldo: nei cantieri è rischio ritardo
di Giusy Franzese
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Mercoledì 27 Luglio 2022, 06:09 - Ultimo aggiornamento: 23 Febbraio, 22:31

Se la temperatura esterna supera i 35 gradi centigradi le aziende che impiegano lavoratori sotto il sole cocente, o anche in ambienti chiusi dove non c'è una adeguata ventilazione, potranno sospendere le lavorazioni e chiedere all'Inps la cassa integrazione ordinaria con la causale eventi meteo. Dopo gli incidenti avvenuti in queste ultime settimane sui luoghi di lavoro dovuti anche a malori per troppo caldo, l'Inps e l'Inail in una circolare ricordano alle aziende la possibilità di ricorrere allo strumento della Cigo, la cassa integrazione ordinaria.

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In realtà la possibilità di mettere i lavoratori in cassa integrazione in caso di alte temperature esterne, esiste già da anni.

La novità è che l'asticella dei 35 gradi, questa volta, non è riferita solo a quanto registrato dai termometri, ma vale anche la temperatura percepita dal lavoratore. La circolare inoltre ricorda che l'azienda, nella domanda di Cigo e nella relazione tecnica da allegare, deve solo indicare le giornate di sospensione o riduzione dell'attività lavorativa e specificare il tipo di lavorazione in atto nelle giornate medesime, mentre non è tenuta a produrre dichiarazioni - di Arpal o altro organismo certificato - che attestino l'entità della temperatura, né bollettini meteo. A chiedere la sospensione dei turni lavorativi a causa delle temperature eccessive può essere anche il responsabile della sicurezza dell'azienda.


I SINTOMI
Per aiutare i datori di lavoro l'Inail ha anche redatto un manuale guida, dove sono elencati gli accorgimenti da prendere, i sintomi e i rimedi per fronteggiare lo stress da calore sui luoghi di lavoro. Il primo e più banale sintomo è un forte sudore, che può portare fastidiosi dermatiti, ma anche crampi muscolari dovuti alla perdita di liquidi corporei. Nei casi più gravi possono verificarsi delle vere e proprie sincopi e colpi di calore con svenimenti, vertigini e danni a molti organi interni così gravi da portare anche alla morte. A volte, si suggerisce, basterebbe organizzare turni di lavoro in orari diversi, molto presto la mattina o dopo il tramonto, ad esempio.


QUALI LAVORI
La circolare non fa un elenco dettagliato delle tipologie di lavoro a rischio stress da calore. Ma fornisce degli esempi: «I lavori di stesura del manto stradale, i lavori di rifacimento di facciate e tetti di costruzioni, le lavorazioni all'aperto che richiedono indumenti di protezione, ma anche tutte le fasi lavorative che, in generale, avvengono in luoghi non proteggibili dal sole o che comportino l'utilizzo di materiali o lo svolgimento di lavorazioni che non sopportano il forte calore». «I fenomeni climatici estremi aumentano il rischio di infortuni sul lavoro e abbiamo dato una pronta, urgente e necessaria risposta» è il commento del ministro del Lavoro Andrea Orlando. E i sindacati non possono che apprezzare e augurarsi che d'ora in poi le aziende siano meno caute nell'utilizzare l'ammortizzatore sociale in queste situazioni. In realtà anche le associazioni delle imprese plaudono ai chiarimenti dell'Inps. «Tutto quello che è a tutela della sicurezza dei lavoratori va bene ed è ben fatto» dice Federica Brancaccio, presidente Ance, l'associazione nazionale costruttori edili (l'edilizia è uno dei settori principali destinatari dello strumento). «Le imprese serie non fanno mai lavorare in situazioni di rischio. Ci aspettiamo, però, altrettanta serietà da parte dei committenti sia pubblici che privati. E chiediamo - continua Brancaccio - la proroga automatica dei termini di ultimazione lavori». Il rischio infatti è che, se il caldo eccessivo dovesse andare avanti ancora per molti giorni, con le sospensioni la tabella di marcia dei lavori accumuli ritardi. Per questo motivo l'Ance sta predisponendo una lettera da inviare ai ministri del Lavoro e delle Infrastrutture, affinché la proroga automatica sia prevista in uno specifico protocollo.
 

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