"Il Covid ha irrigidito la situazione, l'ha incattivita. Per questo – ha proseguito Brunetta – dico che servirebbe un nuovo Patto sociale, sul modello di quello per l'innovazione del lavoro pubblico che abbiamo già siglato il 10 marzo. So che c'è diffidenza verso la concertazione vecchio stampo. È comprensibile, ma la storia insegna che da noi le svolte epocali, dal congelamento della scala mobile con l'accordo di San Valentino del 1984 alla partecipazione all'euro, sono avvenute attraverso patti sociali volti a garantire insieme più crescita e più coesione. Anche oggi le riforme che abbiamo scritto nel Pnrr possono diventare realtà solo se c'è piena partecipazione delle parti sociali, delle Regioni e degli enti locali. Me lo dice la mia esperienza, soprattutto nel caso del Protocollo Ciampi-Giugni del 1993, arrivato a un anno dal Trattato di Maastricht. Oggi come allora serve una stagione di dialogo che abbia come obiettivo la nuova Italia nella nuova Europa. Occorre una piena integrazione tra pubblico e privato e il decentramento delle soluzioni nei territori per togliere spazio e terreno a chi vuole accentrare il conflitto".
"Nella cabina di regia convocata dal presidente Draghi – ha detto Brunetta – si è discusso, ma alla fine abbiamo trovato una soluzione intelligente, nella quale mi riconosco. Il confronto con i sindacati ha poi perfezionato la ricetta, tenendo fermi i principi dello sblocco dei licenziamenti e della tutela dei settori e delle aziende più in crisi, ma anche responsabilizzando fortemente le parti sociali: sindacati e imprese sono stati invitati a usare tutta la cassetta degli attrezzi disponibile per la gestione degli esuberi e il governo monitorerà la situazione".
In tale scenario – continua il ministro – "il Pnrr prevede 5 anni, fino al 2026, per realizzare i progetti, e la loro implementazione può arrivare fino al 2030. Man mano che il Pnrr avrà successo l'Italia diventerà sempre più credibile e appetibile, sia per i capitali italiani sia per quelli esteri. Ai 250 miliardi di investimenti pubblici se ne potranno aggiungere almeno tre volte tanto da parte dei privati. Si potrebbe arrivare a più di mille miliardi in 5-8 anni. Facile immaginare cosa significherà in termini di crescita e occupazione, ma anche lo stress cui sarà sottoposto il mercato del lavoro. Il nuovo patto sociale dovrebbe in questo senso farsi carico di una nuova stagione di politiche del lavoro, di formazione professionale, di bilateralità, di distribuzione efficiente dei guadagni di produttività".
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