Brexit, Sace: il no-deal colpisce anche l'Italia, si stima contrazione del 12% dell'export verso la Gran Bretagna

Il porto di Civitavecchia
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Mercoledì 14 Ottobre 2020, 15:45 - Ultimo aggiornamento: 16:01

Una contrazione del 12,1% dell'export dei prodotti italiani nel Regno Unito nel 2021. Questo, secondo il Focus On dell'Ufficio Studi di Sace, l'impatto di una Brexit "no-deal" sull'Italia a causa delle barriere tariffarie introdotte.

Il Regno Unito rappresenta da tempo un importante partner commerciale dell'Italia, negli anni il saldo commerciale si è mantenuto positivo per il nostro Paese e nel 2019 – si legge nel Rapporto – la quota di mercato italiana era del 3,8%. Lo scorso anno le vendite di beni italiani verso Londra hanno segnato un aumento del 4,7%, ben al di sopra del +2,3% registrato dall'export italiano di beni nel suo complesso. Uno scenario che, tuttavia, rischia di cambiare drasticamente il prossimo anno. In mancanza di un accordo economico e politico in extremis l'export, anziché crescere del 5,3% come atteso, potrebbe infatti subire un crollo dovuto all'adozione di un dazio medio sui prodotti europei del 3,3%, senza nessuna nuova barriera non tariffaria, mentre l'Ue introdurrebbe un dazio medio del 3,1% e barriere non tariffarie equivalenti in termini di dazi all'1,4%. Questo – spiega il Focus – provocherebbe un crollo della fiducia a Londra che si ripercuoterebbe sull'andamento del mercato azionario e della produzione industriale anche nei mesi successivi al 1 gennaio 2021, data definitiva uscita di Uk dalla Ue. 

L'indebolimento della sterlina sarebbe consistente, fino a scendere poco sotto la parita` (0,96 euro). Di conseguenza la reazione della Banca d'Inghilterra – avvertono gli analisti – non potrebbe che essere decisa, con il mantenimento del tasso di riferimento a 0 per l'intero 2021, con un lieve rialzo a partire dall'anno successivo, e un Quantitative Easing aggiuntivo di quasi 90 miliardi di sterline. A questo scenario va aggiunta l'incertezza e le difficolta` dell'economia britannica nell'affrontare, dopo solo un anno dall'inizio di una crisi pandemica, un altro possibile shock. Il risultato sul PIL sarebbe – sottolinea l'analisi – di una crescita fortemente ridimensionata per il prossimo anno. Rispetto al nostro scenario base, dove si prevedeva un parziale recupero di quanto perso con il Covid-19 con un tasso del +7,3%, l'economia si fermerebbe a +3,7%.

Tra i prodotti esportati, i più colpiti – secondo Sace – sarebbero i beni di investimento che includono meccanica strumentale, mezzi di trasporto, apparecchi elettrici ed elettronici. Questi registrerebbero una contrazione simile a quella attesa per il 2020, pari a -27,6%. La ripartenza delle vendite di Made in Italy nel mercato britannico sarebbe quindi rimandata al 2022, con una previsione di perdita per il valore dell'export italiano di beni di 3,7 miliardi di euro solo nel 2021. Alla fine dell'orizzonte di previsione, ossia nel 2023, il nostro export verso il paese sarebbe del 16,5% inferiore rispetto allo scenario di base.

Ma gli effetti di uscita del Regno Unito senza accordo vanno oltre il commercio di beni.

Stando allo studio verrebbero colpiti anche altri aspetti quali commercio di servizi, investimenti diretti esteri, presenza delle imprese italiane nel Regno Unito, nonché i numerosi cittadini italiani risiedenti oltremanica. Non da ultimo, un no deal produrrebbe effetti sul commercio internazionale legato alle Catene Globali del Valore, in cui Uk e Italia sono altamente integrate.

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