Come da prassi, nei giorni a ridosso del pronunciamento dell'agenzia il mercato ha venduto i titoli italiani temendo una possibile bocciatura, ma è tornato poi a comprare una volta scampato il pericolo peggiore. La discesa non è però andata oltre e già a metà mattinata lo spread è tornato intorno ai 260 punti, livello mantenuto fino alla chiusura a 258.
È andata invece meglio alle banche quotate a Milano. Gli istituti di credito italiani, che hanno complessivamente in
pancia circa 390 miliardi di titoli dello Stato, hanno tirato un sospiro di sollievo a Piazza Affari, trascinando con sé il
listino. Con rialzi tra il 2% e il 3%, Mps, Unicredit, Intesa e Bpm hanno bilanciato il calo degli energetici, penalizzati dal ribasso del prezzo del petrolio, permettendo all'indice Ftse Mib di rimanere sulla parità e di chiudere in lieve rialzo (+0,23%). Un risultato allineato alle altre piazze europee, ad eccezione di Madrid, indebolita dall'incertezza legata all'esito delle elezioni.
Su listino milanese bene poi Salini (+3%) con Astaldi (+1,37%) con il mercato che guarda al duplice piano di ricapitalizzazione per la creazione delle polo delle costruzioni.
Vendite invece sull'energia con il prezzo del petrolio in calo. Cedono Eni (-1,59%), Snam (-0,49%) e Terna (-0,93%). Male anche il titolo della Juventus che perde l'1,99%.
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