Coronavirus, mezzo milione di professionisti a rischio: «Incomprensibile il no al fondo perduto»

Il premier Giuseppe Conte agli Stati Generali (foto Lapresse)
di Jacopo Orsini
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Sabato 20 Giugno 2020, 10:59
Mezzo milione di professionisti rischia di restare senza lavoro e reddito per la crisi innescata dal coronavirus. L’allarme è stato lanciato ieri durante la giornata degli Stati generali dedicata dal governo al mondo delle professioni. 

«Oltre 500 mila lavoratori indipendenti saranno espulsi dal mercato e saranno proprio i più giovani a subire le conseguenze più dolorose di una crisi che nei primi due mesi di pandemia ne ha già lasciati sul campo circa 190 mila», ha avvertito Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni, organizzazione di rappresentanza dei liberi professionisti, al tavolo convocato dal Presidente del consiglio Giuseppe Conte a Villa Pamphilj a Roma.

I lavoratori iscritti agli ordini in Italia sono più di 2,3 milioni e «rappresentano una parte rilevante del mercato del lavoro italiano, contribuendo alla formazione del 14% del prodotto interno lordo», si legge nel documento “Stati Generali dell’Economia - Progettiamo il Rilancio” stilato dal Comitato Unitario delle Professioni (Cup) e Rete delle Professioni Tecniche (Rpt). Anche gli iscritti agli ordini lamentano di aver «subito gli effetti economici negativi della pandemia», come dimostrano le 503 mila domande arrivate alla Casse di previdenza per avere il bonus da 600 euro (poi incrementato con altre due tranche successive) previsto dal governo per tamponare l’emergenza. Un contributo definito un «palliativo» da Confprofessioni per fronteggiare «una crisi spaventosa che trova ulteriori conferme nella sospensione delle attività professionali, con oltre il 50% di lavoratori autonomi bloccati dal lockdown» in «un contesto economico gravemente compromesso dalla crisi». 

Proprio sulla scelta del governo di dare ai professionisti un bonus, e non invece il contributo a fondo perduto previsto per altre categorie di lavoratori autonomi, si sono concentrate ieri le critiche delle associazioni al governo. «L’esclusione dalla fruizione del contributo a fondo perduto risulta tanto più incomprensibile, vista la difficoltà oggettiva in cui versa il settore delle professioni, anche per effetto del fatto che l’accesso al beneficio è consentito anche alle società tra professionisti», insiste il documento del Comitato unitario delle professioni. «Le misure di sostegno all’economia varate finora hanno attribuito a chi opera nella libera professione un’attenzione pressoché marginale o insufficiente», sottolinea Marina Calderone, presidente del Cup, sostenendo che «moltissimi studi professionali in difficoltà» sono «a rischio chiusura». 

L’esclusione dal contributo, continua Calderone, «è una discriminazione inaccettabile rispetto ad altri comparti che necessariamente va cancellata». Le professioni chiedono quindi al governo per ripartire interventi di semplificazione normativa, con particolare riguardo per le norme sugli appalti pubblici; snellimento della Pubblica amministrazione; rilancio degli investimenti in opere infrastrutturali e per la messa in sicurezza del territorio; taglio delle tasse su professionisti e imprese e la riforma del sistema ordinistico. «La modernizzazione del Paese per noi passa necessariamente da norme più semplici, una fiscalità meno opprimente e complessa, investimenti sociali e infrastrutturali consistenti e programmati e, soprattutto, da incentivi al lavoro razionali e da misure che possano essere utilizzate subito per sostenere chi rischia di essere espulso dal mercato o si trova già in una condizione marginale», riassume Calderone. «In questa drammatica situazione le misure finora messe in campo dal governo hanno semplicemente tamponato le prime emergenze. Occorre garantire nuove prospettive per un intero settore economico che lavora al fianco delle imprese e dei cittadini», aggiunge il presidente di Confprofessioni. 

Da parte sua la titolare del Lavoro, Nunzia Catalfo, nel corso dell’incontro con le associazioni si è impegnata a portare a termine «l’equo compenso per i lavoratori non dipendenti: un obiettivo che è nel contratto di governo e che come ministro intendo portare a termine, anche per i giovani».

Pesanti infine, sottolineano ancora i rappresentanti delle organizzazioni, anche le ripercussioni della crisi per i dipendenti delle attività professionali e dei servizi alle imprese. Ad aprile, l’Inps ha autorizzato infatti 8,3 milioni di ore solamente di Cig in deroga, che corrispondono a circa 52.000 lavoratori a zero ore.
 
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