Bollette, gas italiano contro i rincari e una “tassa” sui profitti

Il governo: intervento «strutturale» in tre mosse coordinato con l’Europa. Draghi: «Energia green ceduta ai prezzi del metano, giusto che partecipi ai costi»

Bollette, gas italiano contro i rincari e una “tassa” sui profitti
di Roberta Amoruso
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Mercoledì 15 Dicembre 2021, 23:59 - Ultimo aggiornamento: 16 Dicembre, 12:28

È un piano che si poggia su tre gambe quello che ha in mente il premier Mario Draghi per dare una risposta «strutturale» alle tensioni folli sui prezzi che da mesi fanno lievitare le bollette italiane di luce e gas. Una rotta da tracciare entro un paio di mesi che guarda a una crisi europea, e ha bisogno di risposte di respiro europeo, ma anche alle debolezze del sistema energetico Italiano. Va dunque trovato al più presto un accordo in Europa sugli acquisti e le riserve comuni di gas: la prima gamba del piano di cui Draghi riparlerà oggi in occasione del Consiglio europeo è un passaggio auspicato anche da Marco Alverà, ad di Snam, principale operatore nello stoccaggio Ue. Ma c’è un altro terreno che a questo punto va valutato con molta attenzione per il premier, ora che le previsioni degli analisti ipotizzano tensioni sui prezzi che possano arrivare anche al 2023. «Bisogna rassegnarsi a un aumento strutturale del prezzo dell’energia», ha fatto sapere ieri. L’idea annunciata per la prima volta da Draghi nel suo intervento alla Camera in vista dell’appuntamento europeo di oggi, è dunque di pescare tra «i profitti che le società hanno avuto dal rialzo del gas» per attenuare i maggiori costi in bolletta. Una tassa? Non proprio. Una sorta di indennizzo per una crisi che avvantaggia chi pur mantenendo gli stessi costi, producendo energia da idroelettrico o fonti rinnovabili, si trova profitti raddoppiati per via di un meccanismo che lega il prezzo della luce a quello del gas. Mentre famiglie e imprese rischiano il collasso, nonostante l’anno in più promesso di mercato tutelato (al 2024).


Infine, andrebbe utilizzato il gas nazionale secondo la terza gamba del piano. L’obiettivo è verificare se, come emerge da alcune stime, si può davvero dare un taglio alla bolletta del 20%, riducendo la dipendenza del Paese dal metano estero. Del resto, come ha fatto notare lo stesso Draghi già a ottobre in Parlamento, «se noi tirassimo oggi più gas sarebbe venduto ai prezzi internazionali». E non è poco il vantaggio potenziale visto che il metano italiano ha un costo di estrazione intorno ai 5 centesimi al metro cubo a fronte di un prezzo di mercato del gas che l’Italia importa dall’estero arrivato ieri a 130 centesimi.
Dal 2000 a oggi la produzione nazionale si è drasticamente ridotta per via di stop normativi e movimenti anti-trivelle. Si producono fra 3 e 4 miliardi di metri cubi, ma si potrebbe arrivare almeno a 30 miliardi (sugli oltre 70 miliardi di consumi italiani), utilizzando quelli fermi sotto al fondale dell’alto Adriatico. Secondo le stime del “Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee” le riserve italiane di gas accertate ammontano a 92 miliardi di metri cubi. Ma non sono considerati i giacimenti ancora da cercare. 
Il punto è che gl i «stanziamenti imponenti» previsti finora dal governo per alleviare i più deboli dal caro-bollette, «non possono andare avanti all’infinito», ha detto Draghi.

Ma di chi sono i profitti a cui pensa il premier? Paesi come Spagna, Francia, Portogallo, Austria, Svezia e Croazia hanno una buona dose di idroelettrico per esempio, come del resto anche l’Italia.

IL CONTRIBUTO

A questo punto «occorre anche fare una riflessione sul meccanismo di prezzo dell’energia», ha spiegato Draghi, «l’energia prodotta a costo quasi zero dall’idroelettrico o anche dalle rinnovabili viene venduta al consumatore al prezzo del gas: su questo meccanismo in Europa è già iniziata una riflessione in cui parte attiva è Cingolani, ma è difficile pensare a una soluzione strutturale che non guardi ai profitti che le società elettriche e idroelettriche hanno avuto dal rialzo del gas, è difficile non chiamare alla partecipazione dei costi chi ha maturato anche questi profitti». Del resto, dicono gli analisti, la produzione elettrica da gas del Paese è limitata al 45%. E allora secondo gli esperti, tra le società chiamate in causa ci potrebbero essere Enel e Edison o A2a, Iren e le piccole società municipalizzate delle regioni del nord. 
Diverso il discorso per Eni, che almeno per quanto riguarda l’Italia (produce quasi tutto il gas all’estero) può ipotizzare un aumento dei profitti legato alla differenza tra i prezzi a lungo termine di acquisto del gas, più ragionevoli, e quelli di vendita legati ai picchi di mercato. Per avere un’idea dei profitti extra attesi in Ue per le società basta guardare le previsioni di Barclays. Per i colossi dell’energia Ue, le major del settore petrolio & gas, è in arrivo un extra bonus di cassa da 34 miliardi di dollari. E a quanto pare i prezzi del gas dovranno dividersi il merito con l’impennata del petrolio.

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