Bce, Weidmann: non servono nuovi stimoli. Il voto europeo apre la partita del dopo Draghi

Bce, Weidmann: non servono nuovi stimoli. Il voto europeo apre la partita del dopo Draghi
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Sabato 25 Maggio 2019, 22:18
«Anche se lo slancio economico sta rallentando, questo accade da livelli molto alti. In Germania, ad esempio, la capacità produttiva è sotto sforzo». Lo ha detto Jens Weidmann, presidente della Bundesbank e candidato alla presidenza della Bce di cui è membro del consiglio direttivo. «Le pressioni inflazionistiche - ha detto Weidmann a Francoforte - ci sono ancora, e non è una situazione in cui dobbiamo reagire con nuovi programmi o un ulteriore
stimolo. È ancora una situazione economica favorevole». 

La scelta del prossimo presidente della Bce intanto entra nella fase decisiva, con le urne aperte per il nuovo Parlamento europeo e subito dopo il vertice dei leader del 28 maggio in cui un ampio pacchetto di nomine è sul tavolo con l'obiettivo di chiudere a giugno: dall'Eurotower al presidente della Commissione europea fino al Consiglio.
Ma a differenza della designazione di Mario Draghi otto anni fa, accettata unanimemente dopo l'uscita di scena dell'allora presidente della Bundesbank Axel Weber, questa volta non c'è un nome su cui tutti sembrano convergere. E la partita che riguarda la Commissione sarà decisiva per il post-Draghi, una scelta cruciale in un'Europa priva di un efficace stimolo anti-crisi che non sia la politica monetaria. Specie per l'Italia.

La cancelliera tedesca Angela Merkel ha puntato sul capogruppo del Partito popolare europeo al Parlamento Ue,
Manfred Weber. Che, tuttavia, è in difficoltà per l'opposizione francese al meccanismo dello Spitzenkandidat che assegnerebbe la presidenza della Commissione Ue al candidato di punta del primo partito. Se la candidatura naufragasse e i tedeschi decidessero di appoggiare il francese Michel Barnier, visto che la stessa Merkel si è chiamata fuori dalla corsa per il Consiglio, Berlino potrebbe volere la Bce. Per la quale è in corsa Weidmann, il presidente falco della Bundesbank temuto dai Paesi del Sud. Certo, la Germania potrebbe optare (come spesso fa) per mantenere nelle istituzioni posti chiave, anche se meno visibili, e magari appoggiare candidati nordici, attenti ai suoi interessi. Restano a guida tedesca il fondo di salvataggio Esm, la Banca europea degli investimenti, il Single Resolution Board, posto chiave per le banche. Ma la cancelliera è sotto pressione: in fondo la Germania non ha mai guidato né la Bce, né la Commissione europea nella sua forma attuale. È l'ora di un tedesco, sussurrano in molti a Berlino.

Weidmann - un nome che rischia di dividere i leader europei - non è il favorito per la Bce: ci sono il governatore francese Francois Villeroy de Galhau e il suo connazionale Benoit Coeuré, i finlandesi Erkki Liikanen e Olli Rehn, che spinge per rivedere le politiche di Francoforte. Ma quella di Weidmann, che ieri appariva una mission impossible data la sua contrarietà alle misure più decisive durante il mandato di Draghi, è ora una possibilità concreta. Il presidente della Bundesbank ha cambiato registro sulle misure della Bce: senza, ha detto di recente, «la crescita sarebbe stata più debole».

Restano alcuni rischi per l'Italia: un esperto tedesco come Christian Odendahl, capo economista del Center for European Reform, giudica oggi il presidente della Bundesbank «troppo conservatore» per le sfide che la Bce ha davanti: un'economia in difficoltà e «una potenziale crisi del debito in Italia». Un Weidmann che venisse spesso messo in minoranza, o che con le sue parole indebolisse la credibilità dello scudo anti-spread, rischierebbe di far
salire lo spread italiano «fino a rendere il debito insostenibile».

Il puzzle-nomine si completerebbe con una scelta femminile per il Consiglio europeo (anche se per la Commissione è in corsa, ma meno quotata, la danese Margrethe Vestager): si parla di Christine Lagarde, che guida il Fmi, o dell'energica economista bulgara Kristalina Georgieva, presidente ad interim della Banca mondiale. L'Italia, oltre a Draghi, perderà anche la presidenza del Parlamento europeo attualmente guidato da Antonio Tajani, e il ruolo di Alto rappresentante per gli Affari esteri rivestito da Federica Mogherini.

Il governo dovrebbe puntare a un incarico economico nella nuova Commissione, ha ribadito ieri all'Ansa dal ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi. Ma è preclusa dagli equilibri politici, salvo un improbabile terremoto elettorale che avvicinerebbe l'ipotesi di alleanze fra sovranisti e Ppe, l'importante poltrona degli Affari economici, oggi occupata da Pierre Moscovici, così come il Bilancio. Restano - ma la strada è in salita - la Concorrenza o il Commercio. In gioco ci sono anche l'Industria, il Digitale, il Lavoro: molto dipenderà dai candidati. Che però il governo gialloverde, che promette di cambiare tutto a Bruxelles, a due giorni dal Consiglio di martedì, fatica esprimere chiaramente.

 
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