Banche, Ue bocciata sugli aiuti di Stato: l'Italia chiede i danni

Banche, Ue bocciata sugli aiuti di Stato: l'Italia chiede i danni
di Antonio Pollio Salimbeni
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Mercoledì 20 Marzo 2019, 08:11 - Ultimo aggiornamento: 12:53


BRUXELLES Quella su Banca Tercas è una sentenza che fa crollare un pilastro della linea tenuta dall'Antitrust Ue nella gestione di diversi dossier bancari italiani: il Tribunale Ue ha infatti annullato la decisione della Commissione che aveva ritenuto l'intervento del Fondo interbancario per la tutela dei depositi (Fitd) un aiuto di Stato, nonostante sia un consorzio privato. Va segnalato che nell'immediato la decisione consentirà alla Germania, che tanto si è attivata per mettere all'angolo il sistema bancario italiano, di salvare la Nordlb con un'operazione non a carico dei risparmiatori, ma dei due lander soci più il Fondo Interbancario tedesco. Questo il motivo della decisione del Tribunale sul caso Tercas: Bruxelles non disponeva di «sufficienti indizi per affermare che l'intervento sulla banca era stato adottato sotto l'influenza o il controllo effettivo delle autorità pubbliche e che, di conseguenza, era in realtà imputabile allo Stato». Al contrario, ci sono numerosi elementi che indicano come il Fondo interbancario abbia «agito in modo autonomo nell'intervento a favore di Banca Tercas». Era del resto questa la posizione della Banca d'Italia e del Mef così come dell'intero fronte bancario nazionale. La bocciatura di Tercas però fece scuola, perché da allora la Commissione impedì sulla base di quella decisione di usare il Fondo interbancario per interventi in altre banche con la stessa motivazione, a cominciare dalle quattro good bank ovvero Banca Etruria, CariFerrara, CariChieti e Banca Marche. Che perciò avrebbero potuto essere salvate invece di trasformarsi nel dramma noto. Ecco perché in Italia è scattata subito la reazione del mondo bancario e politico che ha messo sotto accusa l'Antitrust Ue.

I VARI PASSAGGI
Il caso di Banca Tercas, in amministrazione straordinaria dal 2012, ha origine nel 2013 quando la Popolare di Bari indicò di voler sottoscrivere un aumento di capitale a condizione che ci fosse la copertura del buco patrimoniale da parte del Fitd. Nel 2014, il Fondo intervenne con l'approvazione di Bankitalia. L'Antitrust Ue aprì un'inchiesta e nel dicembre 2015 concluse che si trattava di aiuto di Stato illegale. Di qui il ricorso in Tribunale da parte della stessa Bankitalia, del Mef, del Fondo interbancario e della Popolare di Bari, il cui amministratore delegato Giorgio Papa insieme al direttore del Fitd Giuseppe Boccuzzi per mesi seguirono la vicenda volando da una capitale all'altra. Dopo quello stop, che Bruxelles aveva comunque fatto precedere da alcuni alert alle autorità di vigilanza italiane, il fondo ha dovuto clonarsi per dare vita a uno schema volontario e senza la presenza del rappresentante di Bankitalia, per rimarcare ancora più il carattere privato e non obbligatorio: solo così poté rifondere la Popolare di Bari dei 300 milioni di Tercas, e intervenire in alcune Casse di risparmio come Carige. I costi a carico del comparto bancario per le crisi, a partire dalle banche venete, si calcolano in svariati miliardi, fatti affluire attraverso il Fondo di risoluzione e Atlante il cui effetto negativo si è fatto sentire sugli utili degli istituti medi e piccoli.

L'APPELLO ALLA CORTE
L'intero sistema bancario italiano ha però sofferto di quella decisione, sia direttamente sia indirettamente, al punto che c'è chi calcola in almeno 20 miliardi e anche più il danno inferto alla filiera finanziaria del Paese comprendendo, naturalmente, le perdite dei risparmiatori che in quelle banche avevano investito. Non a caso già ieri la Popolare di Bari ha fatto sapere che valuterà «determinazioni su eventuali azioni di rivalsa e di richiesta di risarcimenti nei confronti della Comunità Europea». E non sarà l'unica, perché identico vulnus è stato inferto alle quattro bad bank con effetti a largo raggio. Probabilmente sarà impossibile valutare con esattezza quanto quella decisione è costata al Paese nella sua interezza, ma c'è da scommettere che anche il governo adesso si muoverà. Quanto alla Commissione, ieri ha incassato il colpo annunciando che «analizzerà» la sentenza evocando la possibilità di «passi successivi» (il ricorso in appello) che però non potranno che riguardare questioni di mero diritto davanti alla Corte di Giustizia.

 

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