Banche. Prestiti garantiti alle Pmi, prosciugati i fondi del governo: servono altri 4 miliardi

Le richieste di prestiti pervenute alle banche secondo l'indagine Bankitalia
di Roberta Amoruso
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Venerdì 12 Giugno 2020, 10:57 - Ultimo aggiornamento: 13 Giugno, 08:34

Ci sono almeno due dettagli cruciali emersi dall’audizione di Bankitalia davanti alla Commissione d’inchiesta sul sistema bancario. Nonostante i miglioramenti, ci sono ancora troppi ritardi nell’erogazione dei prestiti garantiti. Soprattutto da parte di alcuni istituti, gli stessi sui quali ha acceso un faro la stessa Commissione con la sua indagine a metà maggio. Di qui la scelta di Bankitalia di fare un pressing su certe banche per sollecitare tempi più brevi. Non solo.

A guardare i numeri snocciolati dalla stessa Bankitalia emerge chiaramente la necessità di rifinanziamento del Fondo centrale di garanzia delle Pmi che rilascia la garanzia. Il Fondo di Mcc ha una dote di circa 5,6 miliardi, grazie all’ultimo rifinanziamento da 3,9 miliardi. Risorse che bastano a coprire poco più di 850.000 richieste, solo per i prestiti inferiori a 25.000 euro (neanche 19 miliardi di euro). Senza contare le richieste oltre questa soglia. Ecco perché il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, includeva anche il rifinanziamento del Fondo tra le necessità dello scostamento di bilancio in arrivo nell’ordine degli 8-10 miliardi.

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Di questi, almeno 4 miliardi, secondo fonti vicine al dossier servirebbero al Fondo, che nel frattempo, grazie al ritmo al rallentatore delle domande dispone ancora di poco meno di 3 miliardi, a quanto pare. Perchè al Fondo di Garanzia sono arrivate in tutto a 588mila (per 29 miliardi di finanziamenti richiesti alla data del 10 giugno. Mentre sono 532 mila (10,8 miliardi di euro) le domande pervenute per prestiti sotto 25.000 euro. Un numero ancora lontano dalle domande raccolte dalle banche.



A che punto sono le domande?  Le richieste da Pmi e partite Iva di prestiti garantiti al 100% dallo Stato arrivate alle banche hanno superato la soglia di 900.000 domande e viaggiano verso un milione. È, questo secondo alcune stime, la fotografia più aggiornata sulla macchina dei prestiti garantiti messa in modo dal Decreto Liquidità il 14 aprile scorso. Una stima emersa proiettando di due settimane i dati snocciolati ieri alla Commissione banche presieduta da Carla Ruocco dal capo del Dipartimento Vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d’Italia, Paolo Angelini.

Al 29 maggio scorso risultavano infatti pervenute alle banche circa 725.000 richieste di prestiti garantiti al 100% per importi inferiori ai 25.000 euro, per un valore di 14,4 miliardi (sono 798.000 le richieste se si considerano anche le rinegoziazioni e le altre operazioni previste dall’art 13 del Decreto Liquidità). Le erogazioni effettive sono ancora un passo indietro, visto che Bankitalia parla di 440.000 finanziamenti erogati per un importo pari 9,1 miliardi. Ma si parla di almeno il 61% delle domande soddisfatte. Comunque quasi il doppio del 33% fotografato dalla stessa Bankitalia il 15 maggio scorso.

Nel complesso, stando alle slide presentate da Via Nazionale per circa 50 miliardi richiesti alle banche fino al 29 maggio, erano stati erogati poco più di 10 miliardi. Troppo poco. E se non fosse che le imprese hanno davvero bisogno di questa liquidità, sarebbe da dire che anche meglio per il Tesoro se le banche non hanno avuto il modo e il tempi di smaltire tutte insieme la mole di richieste arrivate. Perché per smaltire tutte le richieste arrivate ad oggi secondo le stime, e considerando la media di 21.000 euro delle richieste emersa sempre dai dati di Bankitalia, sarebbe stata necessaria una dote del Fondo centrale di Garanzia pari a circa 6,3 miliardi considerando l’effetto leva di 1 a 3 per la garanzia dei quasi 19 miliardi di prestiti richiesti. Senza contare i prestiti per oltre 25.000 euro, che, seppure con un effetto leva diverso, richiederebbero qualche altro miliardo di dotazione.

L’ANALISI
«Dall’evidenza relativa all’erogazione di prestiti garantiti emerge un quadro meno chiaro», rispetto a quello sulle moratorie, «che mostra ancora ritardi ma che evidenzia un rapido miglioramento», spiega Angelini. I ritardi nell’erogazione, dice, «sono riconducibili a numerose cause». Ma «ulteriori approfondimenti saranno condotti sulla base degli esiti di una richiesta di informazioni inviata dalla Banca d’Italia a un campione di banche che presentavano un numero di erogazioni in rapporto alle richieste ricevute inferiore ai valori mediani del sistema». Anche perché i dati «confermano l’eterogeneità» nello smaltimento delle pratiche tra gli istituti, «e segnalano che essa non si sta per il momento attenuando», anche rispetto alla fotografia fatta dalla Commissione banche a metà maggio.

Per approfondire questo tema, spiega ancora Bankitalia, «abbiamo appena inviato una comunicazione a un gruppo di banche che presentano un numero di erogazioni in rapporto alle richieste ricevute inferiore al valore mediano del sistema». Nella lettera chiediamo a questi intermediari informazioni sulle cause dei ritardi e, pur sottolineando la loro piena autonomia nella decisione di concedere o meno i finanziamenti, richiediamo loro di attivarsi rapidamente per rimuovere eventuali cause di ritardo imputabili a loro carenze». Va ricordato che dall’indagine della Commissione banche di metà maggio risultavano già una forte eterogeneità tra istituti nei tempi di erogazione, ma anche nella percentuali di accoglimento delle domande.

Mentre Ubi era in grado di erogare il 98% dei micro-prestiti (quasi 46.000 domande), la percentuale di Unicredit risultava del 78% (su 57.000 richieste), con Banco Bpm al 67% (su circa 41.000), Mps al 45,7% (su quasi 30.000), Intesa Sanpaolo al 29,7% (su quasi 150.000) e con Iccrea in fondo alla lista con il 2,5% (su 32.000). Dunque Bankitalia vuole andare a fondo. E sono ora in corso approfondimenti «con le banche che, in base a quanto dichiarato nelle risposte al questionario inviato dalla Commissione banche, hanno condotto operazioni di compensazione per i finanziamenti inferiori a 25.000 euro», dice infatti Angelini. Quanto al tasso d’interesse medio applicato dalle banche sui prestiti fino a 25.000 euro, su cui la stessa Commissione banche aveva acceso un faro, secondo l’indagine di Bankitalia è dell’1,2%, con un massimo dell’1,9% solo sull’1% delle operazioni. Il tasso sale al 2,4%, spiega, «per le operazioni diverse da quelle interamente garantite». Attenzione però al rischio di illegalità, avverte Bankitalia.

Un’altra causa dei ritardi è connessa con la valutazione della clientela, da parte delle banche, sotto tre aspetti chiave: merito di credito; profili antiriciclaggio; profili antimafia. «Il DL 23, pur prevedendo procedure semplificate per la concessione della garanzia e la valutazione da parte del MCC, non ha esonerato le banche dall’effettuare i controlli su queste materie, che possono comportare tempi lunghi, soprattutto per i nuovi clienti». E ancora, l’introduzione di procedure accelerate per il rilascio della garanzia, «in particolare con riferimento ai controlli previsti dalla legislazione antimafia, può esporre al rischio di favorire l’economia illegale». E per quanto riguarda i prestiti, «il DL 23 non esclude la possibilità di una valutazione di merito da parte dei finanziatori. A questo proposito le banche hanno adottato prassi eterogenee».

Ma almeno i microprestiti non avrebbero dovuto saltare il merito di credito? «La necessità di effettuare e documentare una valutazione del merito creditizio dei debitori viene motivata dalle banche, per i prestiti con garanzia del 100 per cento», precisa Angelini, «con il rischio legale di incorrere nei reati connessi con una anomala erogazione del credito (rischio che è in relazione inversa con il merito di credito del debitore e che la presenza della garanzia non attenua), in presenza di una norma che non esonera esplicitamente gli intermediari da questa valutazione».

Basterà l’autocertificazione introdotta nel Decreto Liquidità ad accelerare la macchina? Per le banche, no, come ha sottolineato più volte la Fabi. Ma anche Bankitalia ha qualche dubbio: «L’ampliamento del ricorso all’autocertificazione da parte del richiedente dovrebbe contribuire a snellire il processo, e limitare gli ambiti di discrezionalità delle banche in materia di valutazione del merito di credito per i finanziamenti» garantiti al 100%. Tuttavia, sottolinea Angelini, «nella formulazione originaria, la legge non chiarisce se la valutazione del merito di credito possa esaurirsi nella verifica formale dei soli requisiti per l’accesso al credito previsti dalla legge stessa. È dunque presumibile che un certo grado di eterogeneità dei comportamenti potrà rimanere». In ogni caso, con la raccomandazione dello scorso 10 aprile Bankitalia ha chiarito «che a nostro avviso deve rimanere ferma la piena applicazione di tutti gli obblighi antiriciclaggio, con una opportuna modulazione dell’intensità dei controlli in funzione del rischio».

E il rischio di rallentamento delle pratiche per chi chiederà di aumentare il prestito da 25.000 a 30.000 euro? «È presumibile», dice in questo caso Bankitalia, «che saranno necessarie integrazioni alle domande presentate da parte dei debitori e alle istruttorie degli intermediari, che andranno adeguatamente gestite per evitare nuovi rallentamenti. Nel caso dei finanziamenti inferiori a 25.000 euro le operazioni di importo esattamente pari a 25.000 euro (quelle che potrebbero essere state limitate dalle attuali disposizioni del DL 23 e che potrebbero pertanto originare richieste di 16 Le innovazioni introdotte con la legge di conversione non sono ancora operative, in attesa di un parere della Commissione europea. 16 17 adeguamento a 30.000 euro) per le quali erano pervenute domande al 28 maggio erano quasi due terzi del totale di quelle fino a 25.000 euro».

IL FARO ANTITRUST
Intanto anche l’Antitrust ha acceso un faro sulle banche avviando 4 istruttorie e 12 moral suasion nei confronti di sedici tra banche e società finanziarie per »condotte relative alla sospensione dei mutui-prestiti ed all’erogazione di nuovi finanziamenti. L’ Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato spiega in una nota di aver «avviato quattro istruttorie nei confronti di primarie banche e società finanziarie (Unicredit, IntesaSanPaolo, Banca Sella e Findomestic) «per problematiche emerse sia sull’assenza di informazioni sulla tempistica per avere accesso alle varie misure di sostegno dettate in favore di microimprese e consumatori». Antitrust ha riscontrato problematiche anche «di chiare indicazioni sugli oneri derivanti dalla sospensione del rimborso dei finanziamenti concessi alle imprese, in termini di aumento degli interessi complessivi rispetto al totale originariamente dovuto quale effetto dell’allungamento dei piani di ammortamento».

Le banche avrebbero posto «indebite condizioni all’accesso a tali misure, quali l’apertura di un conto corrente o possedere specifici requisiti non previsti dalla normativa, oppure avrebbero cercato di dirottare i richiedenti verso forme di accesso al credito diverse e potenzialmente più onerose rispetto a quelle di cui al DL Liquidità». L’Autorità ha avviato una attività di moral suasion nei confronti di altre 12 banche e finanziarie (BNL, Banco BPM, UBI Banca, Crédit Agricole, Credem, MPS, Banco Popolare di Sondrio, Creval, BCC Pisa, Agos Ducato, Compass e Fiditalia) dopo aver rilevato «le medesime carenze di tipo informativo sulla tempistica di risposta e sulle effettive condizioni economiche di accesso alla sospensione dei rimborsi dei finanziamenti».

« L’Autorità - conclude la nota - riscontrando una serie di criticità, da parte dell’utenza, ad ottenere il dilazionamento delle esposizioni debitorie rispetto alle banche e alle società finanziarie, e per avere accesso alla liquidità e al credito, (come sarebbe invece previsto dai decreti Cura Italia e Liquidità) ha ritenuto di dover intervenire nella convinzione che solo condotte trasparenti, con informazioni complete e chiare, e prive di ostacoli ingiustificati, possono assicurare ai consumatori e imprese il sostegno economico indispensabile per affrontare l’attuale emergenza».

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