Commissione sulle banche, altolà di Mattarella

Commissione sulle banche, altolà di Mattarella
di Alberto Gentili
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Venerdì 29 Marzo 2019, 07:33 - Ultimo aggiornamento: 12:38

Nulla, neppure un sospiro, filtra dal Quirinale. Ma nel lungo vertice con i presidenti di Camera e Senato, Roberto Fico e Maria Elisabetta Alberti Casellati e poi nel colloquio con il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, è stato alzato sul Colle un muro a difesa del sistema bancario. Con il conseguente stop alla firma della legge istitutiva della nuova commissione d'inchiesta sulle banche. Il pericolo ravvisato da Sergio Mattarella è la destabilizzazione del settore creditizio. E proprio nel momento peggiore, con l'economia in stagnazione e con il rischio dell'arrivo di una nuova crisi finanziaria. Insomma, un potenziale harakiri per il Paese.

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Al Quirinale è ancora vivido il ricordo del fango che saltò fuori dalla precedente Commissione. Con Visco e i vertici della Consob finiti sul banco degli imputati, accusati di essere i responsabili delle crisi bancarie, e per mesi nel mirino di 5Stelle, Lega e perfino del Pd di Matteo Renzi. Settimane e settimane di melma nel ventilatore, di accuse di difetto di vigilanza contro palazzo Koch e la Consob, reputazioni distrutte e sistema bancario in forte affanno.
Ebbene, Mattarella non vuole che questo copione si ripeta. Soprattutto non adesso che si affacciano minacciosi nuovi venti di crisi. Il Presidente teme venga lesa l'autonomia di Bankitalia e infangata la reputazione del sistema creditizio italiano, con un conseguente aggravamento dei rischi anche sul fronte dei mercati internazionali. Così, insieme a Casellati e Fico, ha analizzato le criticità rappresentate dalla richiesta di Luigi Di Maio e di Matteo Salvini di dare il via libera alla legge istitutiva della commissione d'inchiesta, per di più presieduta da Gian Luigi Paragone: l'ex giornalista (ora parlamentare grillino) non ha mostrato fin qui la prudenza e la capacità di mediazione necessarie per un compito così delicato.
Del resto, dopo il salvataggio di Carige, Paragone registrò su Fb la seguente dichiarazione: «È mai possibile che nessuno nel governo del cambiamento stia chiedendo a Bankitalia di rendere conto delle sue responsabilità? Sono incazzato, sono un gilet giallo, non volevamo esserlo!?».
In più, i segnali che arrivano da Di Maio e Salvini non sono rassicuranti per il Colle. 5Stelle e Lega mostrano l'intenzione di processare i vertici di Bankitalia, di arrivare dove non era arrivato Renzi. Con una sentenza di colpevolezza già scritta, come dimostrano le loro affermazioni. «Chi doveva controllare non ha controllato, Bankitalia e Consob andrebbero azzerate», ha detto Salvini. E Di Maio: «Quando la commissione d'inchiesta comincerà a lavorare, chiameremo Bankitalia e Consob per primi».

L'ALLARME
Il Quirinale insomma teme che Lega e 5Stelle vogliano trasformare la Commissione in un tribunale del popolo e dimostrare - in una propaganda populista sempre a caccia di un colpevole da giustiziare sulla pubblica piazza - che l'establishment, le due istituzioni, sono responsabili delle truffe subite dai risparmiatori. Quei 300 mila cui i due leader hanno già promesso 1,5 miliardi di rimborsi e che contano di avere dalla loro al momento di votare alle elezioni europee del 26 maggio.
Ecco perché - nel giorno in cui Standard & Poor's fissa una crescita per il 2019 inesistente (0,1%) - sul Colle si consiglia «prudenza». Soprattutto si suggerisce di proporre alla presidenza della Commissione un nome più potabile. Senza escludere di arrivare a non promulgare la legge istitutiva della Commissione. Nel caso fosse promulgata, il presidente potrebbe inviare una lettera ai presidenti delle Camere con cui delimiterebbe il campo di azione della Commissione.
Adesso c'è da capire quale sarà la risposta di Di Maio. Il rischio di uno scontro istituzionale (alimentato dalla campagna elettorale) è forte. Rinunciare a un giocattolo, con cui per quattro anni martellare l'odiato sistema bancario e rastrellare così nuovi consensi, non è facile. La prova: lunedì il capo grillino ha già mandato un avvertimento. «Si parla di veti sul nome di Paragone, per noi è inaccettabile», ha tuonato.
 

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