Auto Euro 7, cosa succede? Asse Italia-Germania a Bruxelles: «Rinviamo di tre anni i vincoli»

Oggi il vertice di 12 partner contrari ad una transizione energetica rapida

Auto Euro 7, cosa succede? Asse Italia-Germania: «Rinviamo di tre anni i vincoli»
di Gabriele Rosana
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Lunedì 13 Marzo 2023, 00:14 - Ultimo aggiornamento: 08:12

La battaglia sul futuro dell’auto in Europa fa tappa a Strasburgo, dove oggi Italia, Germania e un’ampia coalizione di Stati Ue punteranno ad allentare la morsa dei vincoli Euro 7 e a contare le adesioni su un rinvio di tre anni dell’entrata in vigore dei nuovi standard. 
Inizia una nuova settimana di passione sulle politiche “green” dell’Ue, proprio mentre la Commissione si appresta - domani - a presentare il suo piano per incentivare le tecnologie pulite, dal solare all’eolico fino alla batterie, e nella plenaria del Parlamento europeo che si apre oggi si organizza un nuovo blitz, emendamenti alla mano, per provare a cambiare in corsa la stretta sull’efficientamento energetico degli immobili. 

I PALETTI

Ma andiamo con ordine. Nel pomeriggio di oggi, in una sala dell’Eurocamera a Strasburgo, la Repubblica Ceca riunirà i cosiddetti “like-minded”, i 12 Paesi, cioè, che condividono uno scetticismo di fondo su uno o più dossier del pacchetto automotive di Bruxelles (emissioni zero per auto e furgoni, ma anche camion e pullman, e standard Euro 7). Ci saranno anzitutto i fautori della battuta d’arresto del tutto inattesa, proprio quando ormai il regolamento si dava per acquisito, allo stop ai veicoli a benzina e diesel dal 2035, che avrebbe aperto alla rivoluzione dell’elettrico su strada: Italia, con il vicepremier Matteo Salvini (che invoca «buon senso per tutelare i posti di lavoro e la filiera dell’auto»), insieme a Germania e Polonia. Berlino in particolare, spalleggiata dal no annunciato da Roma e Varsavia, ha puntato i piedi a inizio mese chiedendo impegni precisi da parte di Bruxelles per aprire anche all’impiego degli e-fuel, carburanti a basse emissioni che “salverebbero” il motore tradizionale. 
Ma attorno al tavolo, virtualmente o di persona, ci saranno pure i rappresentanti di Ungheria, Romania e Slovacchia e - salvo passi indietro dell’ultima ora - gli altri Stati invitati, cioè Francia, Spagna, Finlandia, Portogallo e Slovenia.

Un fronte composito di 12 Paesi che sarebbe più che sufficiente per costituire una minoranza di blocco in grado di fermare ogni avanzamento sul sentiero dell’adozione di regolamenti in materia.

 

 

Alla riunione, secondo quanto si apprende, parteciperà pure il relatore dell’Europarlamento sull’Euro 7, il conservatore ceco Alexandr Vondra, per provare a creare da subito alleanze trasversali tra Consiglio e Eurocamera (quelle che sul dossier dello stop al motore endotermico di auto e furgoni sono, invece, mancate) per frenare per tempo la nuova svolta “green” dell’esecutivo europeo. La critica di cui si faranno interpreti i ministri è quella già espressa dalla filiera dell’auto: è inverosimile pensare di poter attuare i nuovi standard Euro 7 con la tempistica illustrata dalla Commissione, cioè rispettivamente 2025 per i veicoli leggeri e 2027 per i pesanti. E, oltretutto, in un momento in cui è l’intera filiera produttiva a essere sotto stress. Ecco che spunta l’idea di ritardare di tre anni (2028 in un caso, 2030 nell’altro) la data di applicazione delle nuove regole che si applicano non solo alle emissioni inquinanti diverse dalla CO2, in particolare monossido di carbonio e ossido di azoto, ma per la prima volta pure a quelle prodotte dal consumo di pneumatici e freni. 

 

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I TEMPI

Il rinvio non è casuale: nel maggio 2024 ci saranno le elezioni europee e in molti, nel centrodestra continentale, sperano che dalle urne possa emergere una maggioranza conservatrice, in grado di gettare le basi, a cominciare dai banchi dell’Europarlamento e dal vertice della prossima Commissione, di un’ampia rimessa in discussione degli obblighi del Green Deal. A proposito di strette del maxi-piano verde Ue: domani la plenaria sarà chiamata a un primo voto sulle case “green”, che dovrà ratificare l’accordo già approvato in commissione parlamentare. I target riguardano il raggiungimento, nella scala A1-G, della classe energetica E entro il 2030 e, quindi, della D al 2033 (il che, si calcola a Bruxelles, in Italia interesserebbe una forbice tra i 3,1 e i 3,7 edifici). Tra popolari e liberali, vari eurodeputati hanno però presentato emendamenti per ampliare la flessibilità prevista nella direttiva e dare così maggiori poteri a ciascuno Stato su come vorrà realizzare gli obblighi di efficientemente energetico per il proprio parco immobiliare. I contatti sono bipartisan: domani si va alla conta. 
Gabriele Rosana

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