Alitalia, nomine bloccate dalle divisioni nei 5Stelle

Alitalia, nomine bloccate dalle divisioni nei 5Stelle
di Umberto Mancini
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Mercoledì 30 Settembre 2020, 08:57 - Ultimo aggiornamento: 10:46
Ferma in pista. Con il freno tirato e i motori accesi. E' bloccato il decollo della Nuova Alitalia di Stato. Uno stop imposto dello scontro tra i 5Stelle e tra quest'ultimi e il Pd. Una battaglia di potere per piazzare i propri uomini nel board della compagnia che, è noto, dovrà gestire 3 miliardi per rilanciare in grande stile il vettore. I grillini, anzi una parte del movimento (in particolare la senatrice Giulia Lupo) sponsorizzano per il cda il direttore generale Giancarlo Zeni che invece non piace all'ad Fabio Lazzerini, al Pd e nemmeno al ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli.




 

La partita



Ma in ballo ci sono anche le poltrone del cfo e, a cascata, quelle dei 20-25 top manager che dovranno, insieme al presidente Francesco Caio, pilotare il vettore oltre la crisi. Veti e contro veti che fanno slittare la definizione della squadra di comando mentre Alitalia continua a perdere circa 2 milioni al mese e chiuderà l'anno, a prescindere dall'effetto Covid, con un rosso ben superiore ai 700 milioni. Ma di questo, dello sperpero dei soldi pubblici, non sembra importare a nessuno. Con Palazzo Chigi che si limita ad annunciare ogni settimana che il varo del decreto è imminente.

Di fatto però, dicono fonti sindacali, è la partita delle nomine a ritardare i tempi. Da qui il pressing delle organizzazioni sindacali su ministero delle Infrastrutture, Mise e Tesoro per superare l'impasse che, per certi versi, è davvero paradossale. Senza il decreto che istituisce la newco è impossibile varare il piano industriale. Ma senza l'intesa sui nomi del nuovo cda, il decreto resta sospeso nel limbo, così come la sorte degli 11 mila dipendenti, la strategia aziendale, gli obiettivi da raggiungere indicati proprio dall'esecutivo. Del resto perfino l'attuale ad Lazzerini e il presidente Francesco Caio sono stati solo indicati da Palazzo Chigi, visto che manca anche qui il decreto di nomina. Lo stipendio però corre, come i costi giornalieri per far marciare la compagnia.

Intanto però le maggiori compagnie europee hanno iniziato ad aumentare il proprio raggio di azione, soprattutto incrementando i voli nel lungo raggio. Anche le compagnie low cost e low fare hanno ripreso le proprie attività di mese in mese. Filt Cgil, Fit Cisl, Uilt, Ugl e Ftna, l'associazione che raggruppa piloti e assistenti di volo, denunciano il fatto che la mancanza di una offerta commerciale aggressiva, tanto più in un momento così complesso per il trasporto aereo, sta penalizzando proprio la clientela Alitalia. Clientela che si sposta inevitabilmente su altri vettori. Un esempio? Il taglio dei voli verso gli Usa fa si che i viaggiatori italiani si trasferiscano da Roma a Parigi o da Roma ad Amsterdam per volare oltreoceano. Dal 12 settembre poi è stata cancellata la direttrice Boston, pur in presenza di un load factor non disprezzabile, sono state poi tagliate le frequenze del Roma-New York e la tratta per Toronto, lasciando spazio ad AirFrance e Klm. Anche il Sud America non è più servito. Complessivamente i voli giornalieri passeranno dai circa 250 di luglio-agosto ai 220 previsti per ottobre. Sopratutto è stato abbandonato il cargo che in tempi di Covid è un business sicuro. «La contrazione operativa - dicono i sindacati - renderà ancora più difficile la mission industriale a del rilancio».

E' assurdo - aggiungono - che tutto sia paralizzato a causa di una bega politica, di una contrapposizione tra i due partiti di maggioranza per un pugno di poltrone.

Per la nuova Alitalia è infatti quasi tutto deciso. Ci sono i soldi, con una dotazione iniziale di dieci milioni e un plafond fino a tre miliardi, una società nuova di zecca, la newco, senza debiti e che avrà 4-5 mila dipendenti, la bad company in cui rimarranno i potenziali esuberi, circa 6 mila. Dopo il decreto, che Palazzo Chigi vorrebbe annunciare a breve, ci saranno altri trenta giorni per mettere a punto il piano industriale. Ragionevolmente la nuova compagnia potrà partire solo con il nuovo anno. E questo a causa di una lite, tutta interna ai 5 stelle, che è legata anche alla crisi che attraversa il movimento sempre più a rischio scissione. La ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli e il collega del Mise Stefano Patuanelli vogliono invece chiudere in fretta. Anche perché poi l'ultima parola, quella sui presunti aiuti di Stato, passerà a Bruxelles.
 
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