Unicredit e Bper tra riorganizzazioni e possibili fusioni: sfida Orcel-Montani

Unicredit e Bper tra riorganizzazioni e possibili fusioni: sfida Orcel-Montani
di Rosario Dimito
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Mercoledì 5 Maggio 2021, 16:27 - Ultimo aggiornamento: 12 Maggio, 14:43

Attenti a quei due. Possono provocare una guerra stellare nel credito italiano. L’avvento di Andrea Orcel alla guida di Unicredit e di Piero Montani a quella di Bper, metterà in moto un nuovo giro di valzer nel processo di consolidamento bancario. Lo vogliono la politica, il governo, l’Autorità, il mercato con la tecnologia che impone di cambiare per tagliare i costi e aumentare i ricavi. Come nella serie televisiva britannica, Orcel e Montani sono banchieri profondamente diversi per storia e formazione, il primo con la fama più intraprendente e determinato, l’altro con il pedigree di ristrutturatore poco interessato alle poltrone (nel 2001 per favorire la fusione fra Popolare di Novara e di Verona fece un passo indietro) ed entrambi hanno fatto sapere ad azionisti e investitori di aver bisogno di tempo per riorganizzare le due banche prima di poter mettere mano ad operazioni straordinarie. Si conoscono da 25 anni, anche se nella precedente vita di banchiere d’affari (Merrill Lynch) mai Orcel ha gestito un deal con Montani: chi ha parlato con loro ha capito che sarà molto difficile che adesso i due possano incrociarsi. Sicuramente c’è l’appeal del bonus-Dta per chi si fonde entro fine anno, ma il governo potrebbe prorogare questo beneficio.

NESSUN DIRETTORE GENERALE

Orcel è atteso al varco di Mps perché l’ex ministro del Tesoro Roberto Gualtieri aveva invitato il suo predecessore, Jean Pierre Mustier, a valutare l’acquisizione della banca senese, di cui il Mef ha il 64% dal 2017 ottenuto nell’ambito della ricapitalizzazione da 5,4 miliardi che fu gestita da Piercarlo Padoan, al tempo ministro del Tesoro e oggi presidente di Unicredit. Ma forse il vero obiettivo di Orcel è Banco Bpm, anche se Giuseppe Castagna predilige l’opzione Bper. Orcel non ha avuto ancora contatti con Roma. Nella prima settimana iniziata lunedì 19 aprile è stato full time in Piazza Gae Aulenti, ha incontrato quasi tutti i manager per capire la gestione ordinaria. Poi se n’è tornato a Cascais lavorando da remoto e nella torre milanese tornerà lunedì 10 maggio. Montani, invece, è già stanziale a Modena: tra i primi nodi ha cercato di risolvere la posizione di Alessandro Vandelli, l’ex ad di cui ha preso il posto ma che è anche dg. «Gli ho chiesto di restare, ho bisogno di lui, capace, conosce la struttura da 37 anni. Avevo dialogato con lui per una possibile fusione Carige-Bper nel 2014, avemmo un paio di incontri», ha detto Montani a chi gli ha parlato, «si è riservato di darmi una risposta». In Bper il dominus esterno è Carlo Cimbri, ceo di Unipol che ha il 18% e nel rispetto dei ruoli, vuole avere voce in capitolo sulle strategie anche se all’ultima assemblea le tensioni tra le fondazioni emiliane hanno diviso il fronte degli enti, creando le premesse per la vittoria di Assogestioni con cui si dovrà fare i conti. Montani è nato a Genova con il suo accento caratteristico e il suo interloquire con frasi secche. «Devo capire Bper, ci sono gli sportelli Intesa-Ubi da integrare e soprattutto evitare che i clienti prendano altre strade», ha ripetuto ai suoi. «Le filiali ricevute da Intesa-Ubi equivalgono alle dimensioni di una banca, ci vuole tempo per metterle a regime». Più di lui è Orcel a dover riorganizzare Unicredit per impostare il rilancio auspicato dal consiglio e dal mercato con la crescita dei ricavi, dopo anni in cui il bottom line veniva raggiunto vendendo asset. Deve inizialmente rifare la squadra all’interno della riorganizzazione complessiva, ma al contrario dei timori diffusi, non è detto che voglia trapiantare molti manager esterni.

Essi potrebbero essere 2-3 non di più. Vuole valorizzare in prima linea figure che oggi sono in seconda e terza fila, cercherà di scoprire le persone adeguate. Ci sarà una svolta tecnologica. Comunque la vera inversione a U sarà nel taglio dei sei co-head, anche la Central Eastern Europe dove ci sono 10 paesi da gestire, ne dovrebbe avere uno solo. Ha tre obiettivi da risolvere: Italia, Germania e la divisione CIB per aumentare i ricavi. L’Italia è divisa in tre (retail, private e corporate) con una frammentazione di competenze che il banchiere vuole ricomporre. Germania e la CIB devono essere ristrutturate. Tutto questo lo impegnerà ancora per settimane. I tempi sono più lunghi rispetto alle attese di maggio perché il 6 c’è la trimestrale, targata Mustier e l’alta dirigenza sarà bloccata almeno due settimane. Le sue tre priorità immediate: semplificare la struttura decisionale, riordinare la tecnologia da sistemare in più di tre mesi per avere un’idea e il nuovo piano.

L’INVITO PER IL CAFFÈ

 Per la prima decade di giugno dovrebbe presentare la riorganizzazione al cda con una revisione anche delle deleghe. Non ha nessuna intenzione di introdurre la figura del direttore generale. Andando lungo con la riorganizzazione, ci vorrà più tempo per il nuovo piano da presentare per i primi di settembre e a quel punto potrà pensare alle fusioni. Il vero banco di prova sarà l’empatia Orcel-Padoan che indirizzerà le scelte. Padoan è un economista prestato temporaneamente alla politica, Orcel un banchiere che nelle operazioni antepone le logiche industriali. Entrambi decisionisti, si portano dietro esperienze e latitudini diverse, sia l’uno che l’altro dotati di professionalità per muoversi in sintonia nel rispetto dei ruoli. Su Mps Padoan è più sensibile, Orcel è freddo perché si rende conto che la fusione con la dote dello Stato avrebbe un costo sociale di 6 mila esuberi solo a Siena e lui non ne vuole sapere di essere responsabile di questa “macelleria sociale”. E’ consapevole che c’è un impegno del governo a privatizzare entro l’anno: una soluzione, che il governo sta considerando, potrebbe essere lo spezzatino di Mps, e invece dei sussidi l’esecutivo potrebbe riciclare in alcune attività i dipendenti in esubero. A tutti dice che il tallone d’Achille di Unicredit è la Lombardia. Ecco perché Banco Bpm è preferita, pur partendo come un merger non concordato tipo Intesa-Ubi o Agricole-CreVal. Castagna ha mandato un sms e telefonato a Montani il giorno della nomina, invitandolo per un caffè. Montani per ora deve integrare i 5.150 dipendenti di Intesa trasferiti con le 620 filiali e fino all’autunno deve dedicarsi all’amalgama. Poi, quando avrà risolto queste priorità, potrebbe esaminare le opzioni strategiche, non solo Bpm, anche Popolare di Sondrio con cui c’è la partnership in Arca che vende polizze Unipol (che possiede il 2% della stessa Sondrio) e ora è alle prese con il Consiglio di Stato per la spa e comunque, prioritariamente vorrebbe percorrere la strada della Fondazione per controllare la banca, magari con alcuni soci privati. Castagna ha fretta perché teme l’affondo di Unicredit, Bper avanza piano. Lo scenario bancario comprende Carige che entro l’anno dovrà trovare un padrone e potrebbe scompaginare i piani di Bpm, Bper, Credem, Agricole. Dopo questa fase di surplace, qualcuno proverà lo scatto e a quel punto saranno scintille. 

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