Il rischio della roulette persiste. Se possibile si rafforza.
Dallo scorso primo maggio si sono affievoliti i controlli anti-Covid, tranne che per le strutture sanitarie e per le Rsa. Ma il caos regna sovrano. Mi spiego: mi viene prescritta una terapia ambulatoriale. Sono tenuto all’esibizione del green pass rafforzato per accedere alla sala d’attesa. Ma non è obbligatorio il tampone. Quindi posso trovarmi fianco a fianco con un “positivo” che non sa di esserlo. E posso contagiarmi e contagiare. Se poi la settimana successiva devo farmi un day hospital non basta più il green pass rafforzato. Mi si richiede un tampone nelle 48 ore precedenti il ricovero. A quel punto posso accorgermi di essere diventato positivo, magari proprio per gli incontri fatti la settimana prima nella sala d’attesa degli ambulatori, e mi si blocca il ricovero, che normalmente presuppone terapie o interventi più urgenti o “importanti” del percorso ambulatoriale.
C’è un problema.
Ma certo l’ambivalenza non aiuta la vita dei malati – non si muore solo di Covid, purtroppo – né la cultura della prevenzione vaccinale. Senza arrivare agli estremi cinesi, il Covid richiede forse un comportamento unico e strutturato. Meno bizantinismi. Come la curiosa procedura ancora vigente per tornare allo stato di salute conclamato dopo un tampone positivo. Serve la certificazione del medico di base, che non fa altro che ricevere l’autodichiarazione del paziente e la copia del nuovo tampone negativo, dopo quelli positivi. Non basterebbe la connessione diretta con il sistema elettronico del ministero della Salute, che dopo ogni tampone eseguito comunica lo stato di contagio in corso?
Profilo Abbonamenti Interessi e notifiche Newsletter Utilità Contattaci
Logout