Da 10 milioni di fatturato a quasi 200 in meno di vent’anni.
È la crescita realizzata da Macron, azienda emiliana specializzata nella produzione di abbigliamento sportivo. Un marchio famoso soprattutto fra i tifosi del rugby perché l’azienda, oltre alla nazionale italiana, sponsorizza Scozia e Galles: metà insomma delle squadre del Sei Nazioni, la competizione più antica e prestigiosa, e sette team dei venti presenti al Mondiale che si giocherà dopo l’estate in Francia. Anche nel calcio il logo della società è stampato sulle maglie di tante squadre, comprese Bologna, Sampdoria, Udinese e Verona in serie A, sebbene resti alle spalle dei tre colossi del settore: Nike, Adidas e Puma. Ma sono circa novanta i club professionisti nelle varie discipline che hanno Macron come sponsor tecnico. Il marchio, con abbigliamento e attrezzatura, è presente infatti anche nel volley, nel basket e in altri sport come running, fitness e padel.
LA STORIA
Le origini risalgono a mezzo secolo fa, al 1971. La società nasce come negozio di abbigliamento sportivo in via Saffi, nel cuore di Bologna. Negli anni ’80 cresce e diventa un’azienda che produce per i principali marchi sportivi. Poi, nel decennio successivo, la nascita del brand e l’avvio di un centro di ideazione e distribuzione. Nel 2001 comincia l’avventura nel calcio professionistico (è l’anno del primo contratto con un club di serie A, il Bologna, un legame che resiste ancora oggi). Quindi nel 2005 una nuova svolta e l’inizio di un percorso di sviluppo e internazionalizzazione con l’arrivo di Gianluca Pavanello alla guida come amministratore delegato. È da quel momento che parte una nuova fase per il gruppo, oggi fortemente proiettato all’estero dove realizza circa l’80% del giro d’affari, arrivato nel 2022 a 170 milioni di euro, in crescita del 37% rispetto all’anno prima. Se si confronta con il 2019, prima del Covid, l’incremento del fatturato è stato del 51%. Il margine operativo lordo (ebitda) ha superato 24 milioni e rappresenta il 14% dei ricavi. La società, che può contare su 300 dipendenti, oggi ha una rete di 165 negozi monomarca distribuiti in più di 25 paesi e l’anno scorso ha venduto oltre 10 milioni di pezzi. «Nel 2023 contiamo di arrivare sui 200 milioni di ricavi», dice Pavanello. «Dal 2005, quando eravamo a 10 milioni, siamo cresciuti sempre. Ogni anno abbiamo fatto meglio sia in termini di ricavi che di marginalità», aggiunge. Il 60% della produzione è realizzato in Asia, fra Cina, Vietnam, Cambogia e Bangladesh. Proprio la presenza e le relazioni costruite negli anni in Cina, durante la pandemia, hanno consentito all’azienda di mettersi a fabbricare dispositivi di protezione, diventando nei mesi terribili del Covid uno dei principali fornitori per l’Italia.
LA BORSA
Ora all’orizzonte c’è lo sbarco in Borsa. «Prima o poi l’obiettivo è quello di quotarsi, ma dobbiamo ancora crescere», spiega il manager, che immagina per l’arrivo sul mercato un arco di tempo di due-tre anni. Dal 2019 l’azionista di controllo della società con una quota del 58% è il bolognese Andrea Pignataro, compagno di liceo di Pavanello, alla guida di un gruppo che ha fatto la sua fortuna con i dati finanziari. Macron è attiva in un settore che è fuori dal raggio di attività principali del finanziere. «È un investimento che ha fatto perché anche lui è bolognese», sono ancora le parole dell’amministratore delegato di Macron. Pignataro è nel consiglio di amministrazione ma la gestione è in mano ai manager, che hanno in mano intorno al 20% delle azioni (gli altri soci sono Consilium e Francesco Bormioli, che è anche presidente). «Ovviamente concordiamo le strategie», afferma ancora Pavanello. Operazioni straordinarie in vista comunque non ce ne sono. «Non siamo fan delle acquisizioni - spiega ancora il manager -. Il nostro obiettivo è la crescita organica. Veloce, ma sempre finanziata con le nostre risorse. Non abbiamo chiesto soldi agli azionisti e l’obiettivo è continuare così».