Economia in guerra, dietro l'aumento dei prezzi l'ombra lunga della stagflazione

Economia in guerra, dietro l'aumento dei prezzi l'ombra lunga della stagflazione
di Paolo Balduzzi
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Mercoledì 2 Marzo 2022, 17:01 - Ultimo aggiornamento: 3 Marzo, 08:52

La “tempesta perfetta” è un uragano che riesce a creare il peggior danno possibile, data la sua categoria meteorologica.

Come metafora, questa espressione è poi stata utilizzata nei più svariati campi per indicare il peggior scenario possibile. Ora, se qualcuno si fosse immaginato come sarebbe stata l’economia nel dopo pandemia, difficilmente l’avrebbe pensata così difficile, e a tratti drammatica, come in queste settimane. Il 2021 si è concluso con una impennata dei prezzi. L’aumento dei prezzi in sé non è una cattiva notizia; anzi, un’economia in crescita è un’economia in cui la domanda è sostenuta e quindi i prezzi possono aumentare per riequilibrare l’offerta. Tanto è vero che l’obiettivo della Banca centrale europea è sì la stabilità dei prezzi ma ciò non ha mai significato che questi non dovessero variare mai; al contrario, essi avrebbero dovuto crescere, in media, del 2% l’anno. Potrà sembrare strano ma, se davvero i prezzi fossero saliti del 2% annuo dall’entrata dell’Italia nell’area euro, oggi il loro livello dovrebbe essere ben più elevato di quello osservato. Il problema, ora, è la velocità di aumento dei prezzi.

IL DILEMMA

Il fenomeno ha preoccupato sin da subito l’autorità monetaria statunitense, dove l’inflazione già a dicembre aveva raggiunto il 7% (addirittura il 7,5% a gennaio); in Europa, al contrario, la reazione della Bce è stata più morbida e, per alcuni, timida. Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea, ha spiegato che finché l’aumento dei prezzi sarà considerato un fenomeno transitorio, non saranno presi provvedimenti. Ma cosa può fare un’autorità monetaria, sia essa Bce o Federal Reserve, per contrastare l’inflazione? Se i prezzi salgono, significa che la moneta utilizzata si sta svalutando, cioè vale di meno. Per bilanciare questo fenomeno, la banca centrale può ricorrere a una stretta e limitare la moneta circolante. Lo strumento utilizzato, quindi, è quello dell’aumento dei tassi d’interesse. La Federal Reserve ha annunciato che lo farà, perché considera l’inflazione un pericolo e perché l’attività economica, ormai ripartita, non ha più bisogno di tassi bassi per continuare a essere stimolata. In Europa, però, le cose stanno diversamente. Innanzitutto, i prezzi continuano a crescere in tutti i Paesi membri. L’aumento non è dovuto solo all’effetto della domanda in crescita ma anche a shock, cioè eventi inaspettati, di natura geopolitica, come le tensioni, ora sfociate in guerra, tra Russia e Ucraina. L’aumento dei prezzi delle materie prime, quali beni energetici e beni alimentari, determina un incremento dei costi di produzione e, a catena, quello dei prezzi dei beni al consumo di ogni categoria.

In questo modo, i prezzi fanno ben altro che riequilibrare domanda e offerta: rischiano di mettere in discussione lo stesso sentiero di crescita economica.

LE RIFORME

Eccola, quindi, la tempesta perfetta, che torna in Europa dopo 50 anni dalla sua prima comparsa. I meteorologi assegnano nomi propri agli uragani; in questo caso, gli economisti, notoriamente meno allegri e fantasiosi, hanno chiamato questo fenomeno “stagflazione”, il realizzarsi contemporaneo di stagnazione, cioè mancanza di crescita, e inflazione. Se così fosse, nessuno vorrebbe vestire i panni di un banchiere centrale: un rialzo dei tassi contrasterebbe l’inflazione ma peggiorerebbe la stagnazione; un abbassamento dei tassi, invece, avrebbe gli effetti opposti. La via d’uscita? Affidarsi alla politica monetaria per tenere sotto controllo l’inflazione e alla politica industriale e alle riforme strutturali per stimolare la crescita. Un motivo in più per non prendere sottogamba gli impegni del Pnrr, soprattutto nel nostro Paese.

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