Tra i più giovani, i ragazzi della generazione Z, quelli sotto i 26 anni, ha rivoluzionato il modo di comprare (e anche vendere) i vestiti. Depop, l’app fondata da Simon Beckerman, classe 1974, imprenditore milanese basato a Londra ma con il cuore ancora in Italia, è diventata in pochi anni uno dei siti di commercio online più popolari, soprattutto negli Stati Uniti.
Un grandissimo mercato di abbigliamento di seconda mano, apprezzato dai giovani più attenti all’ambiente anche perché permette di riciclare capi e oggetti ormai inutilizzati. Una storia iniziata nel campus di Ca’ Tron, piccola frazione del comune veneto di Roncade, dove ha sede H-Farm, l’incubatore di start up che per primo ha creduto nell’idea. Proseguita poi nella capitale inglese e arrivata ora fino a Brooklyn, negli Stati Uniti, dove c’è il quartier generale del colosso dell’e-commerce americano Etsy, piattaforma dove gli utenti possono vendere prodotti artigianali fatti a mano. Il gruppo, quotato al Nasdaq di New York, nel giugno scorso ha staccato un assegno da 1,6 miliardi di dollari (poco più di 1,4 miliardi di euro) per assicurarsi il controllo di Depop. Beckerman, che da anni non era più alla guida della società, lasciata nel 2014 nelle mani dell’amministratore delegato Maria Raga, ha venduto il 4% circa che aveva ancora in mano incassando poco meno di 60 milioni di euro: tanto, considerando che era partito da zero; relativamente poco se paragonato al prezzo a cui è passata di mano la sua creatura, uno dei rarissimi unicorni - così vengono definite le start up che arrivano a valere oltre il miliardo - fondati in Italia.
IL MATRIMONIO
«Fino a un paio di anni prima avevo l’8% di Depop ma ho venduto la metà delle mie quote per alleggerire il rischio. Certo, se avessi aspettato avrei guadagnato di più ma non mi pento assolutamente, non mi lamento», spiega al telefono da Londra un disponibile Beckerman. Certamente può essere soddisfatto della sua creatura e del partner con cui l’ha portata a nozze. La metafora del matrimonio è lui stesso a usarla. «Vedo Depop come un po’ il figlio o la figlia che ho cresciuto e che a un certo punto ha trovato la persona giusta da sposare e sono andati a vivere da soli», continua. «Per me ora è come un figlio che vive da solo e ha la sua famiglia, finora non vedo niente che mi faccia preoccupare li vedo bene insieme», aggiunge ridendo. «Etsy è una grandissima azienda, ho sempre avuto stima di loro, sono felice siano stati loro a sposare Depop».
Ora bisogna però tornare indietro e dal matrimonio risalire alla nascita. Siamo nel 2011, quando i social e gli smartphone non pervadevano ancora la nostra vita come oggi. Beckerman dopo aver frequentato il liceo artistico a Milano si iscrive al Politecnico ma abbandona presto gli studi perché deve lavorare.
LA PIATTAFORMA
Oggi Depop, sotto il cappello di Etsy, è un colosso con sede a Londra con circa 30 milioni di utenti registrati in 150 paesi. Nel 2020 sulla piattaforma sono stati scambiati un miliardo di articoli, le vendite di prodotti hanno raggiunto un valore di 650 milioni di dollari e i ricavi sono stati pari a 70 milioni, il doppio rispetto all’anno precedente. Lasciata andare per conto suo Depop, Beckerman ora è al lavoro su una nuova start up, Delli. «Il concetto è un market place mobile e social un po’ simile a Depop con l’obiettivo di riunire, lo dico in inglese, gli home food makers, cioè persone che dalla propria casa creano prodotti culinari ma non caldi da mangiare subito, come per esempio le salse. Insomma un mercatino culinario in una app». La piattaforma sarà disponibile dal 14 febbraio in Inghilterra e poi più avanti se tutto andrà bene anche in Italia. All’orizzonte ci sono una vendita come per Depop o la quotazione? «Non si può mai sapere - non si sbilancia Beckerman - Se venisse comprata vorrei una azienda con la quale poi continuare a lavorare insieme: se Twitter dovesse mai venire da noi e dire siamo interessati a comprarvi, mi piacerebbe molto lavorare con Jack Dorsey».