Depop, l’app italiana per vendere abiti usati che ha conquistato i giovani d’America

Depop, l’app italiana per vendere abiti usati che ha conquistato i giovani d’America
di Jacopo Orsini
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Mercoledì 2 Febbraio 2022, 12:50 - Ultimo aggiornamento: 3 Febbraio, 22:36

Tra i più giovani, i ragazzi della generazione Z, quelli sotto i 26 anni, ha rivoluzionato il modo di comprare (e anche vendere) i vestiti. Depop, l’app fondata da Simon Beckerman, classe 1974, imprenditore milanese basato a Londra ma con il cuore ancora in Italia, è diventata in pochi anni uno dei siti di commercio online più popolari, soprattutto negli Stati Uniti.

Un grandissimo mercato di abbigliamento di seconda mano, apprezzato dai giovani più attenti all’ambiente anche perché permette di riciclare capi e oggetti ormai inutilizzati. Una storia iniziata nel campus di Ca’ Tron, piccola frazione del comune veneto di Roncade, dove ha sede H-Farm, l’incubatore di start up che per primo ha creduto nell’idea. Proseguita poi nella capitale inglese e arrivata ora fino a Brooklyn, negli Stati Uniti, dove c’è il quartier generale del colosso dell’e-commerce americano Etsy, piattaforma dove gli utenti possono vendere prodotti artigianali fatti a mano. Il gruppo, quotato al Nasdaq di New York, nel giugno scorso ha staccato un assegno da 1,6 miliardi di dollari (poco più di 1,4 miliardi di euro) per assicurarsi il controllo di Depop. Beckerman, che da anni non era più alla guida della società, lasciata nel 2014 nelle mani dell’amministratore delegato Maria Raga, ha venduto il 4% circa che aveva ancora in mano incassando poco meno di 60 milioni di euro: tanto, considerando che era partito da zero; relativamente poco se paragonato al prezzo a cui è passata di mano la sua creatura, uno dei rarissimi unicorni - così vengono definite le start up che arrivano a valere oltre il miliardo - fondati in Italia.

IL MATRIMONIO

 «Fino a un paio di anni prima avevo l’8% di Depop ma ho venduto la metà delle mie quote per alleggerire il rischio. Certo, se avessi aspettato avrei guadagnato di più ma non mi pento assolutamente, non mi lamento», spiega al telefono da Londra un disponibile Beckerman. Certamente può essere soddisfatto della sua creatura e del partner con cui l’ha portata a nozze. La metafora del matrimonio è lui stesso a usarla. «Vedo Depop come un po’ il figlio o la figlia che ho cresciuto e che a un certo punto ha trovato la persona giusta da sposare e sono andati a vivere da soli», continua. «Per me ora è come un figlio che vive da solo e ha la sua famiglia, finora non vedo niente che mi faccia preoccupare li vedo bene insieme», aggiunge ridendo. «Etsy è una grandissima azienda, ho sempre avuto stima di loro, sono felice siano stati loro a sposare Depop».

Ora bisogna però tornare indietro e dal matrimonio risalire alla nascita. Siamo nel 2011, quando i social e gli smartphone non pervadevano ancora la nostra vita come oggi. Beckerman dopo aver frequentato il liceo artistico a Milano si iscrive al Politecnico ma abbandona presto gli studi perché deve lavorare.

Una storia simile a quella di altri imprenditori visionari che hanno poi avuto successo dopo aver abbandonato l’università. «L’idea di base era creare un mercatino virtuale che sfruttasse tutte le dinamiche dei social network per scoprire cose da comprare o vendere. Quel concetto, che in parte è stato il successo di Depop, è rimasto. Nel tempo però abbiamo cambiato direzione un paio di volte per cercare di trovare il focus sul target giusto. La mia visione originale, la scommessa, era che ci sarebbe stata una generazione di nuovi utenti che avrebbe voluto acquistare e vendere in modalità mobile e social. Questa è stata una delle armi vincenti», sostiene Beckerman. «La mia fortuna è stata aver visto questo in anticipo e l’ho capito quando sono arrivate le prime app dell’iPhone. Instagram per esempio. Poi siamo anche riusciti a creare una community interessante e creativa nel mondo della moda». La prima a crederci - dopo sono arrivati anche alcuni dei fondi più conosciuti nel mondo degli investitori digitali - è stata H-Farm, piattaforma che aiuta i giovani a lanciare imprese innovative. Nel 2011 scommette su Depop (all’epoca si chiamava Garage) con 150 mila euro. Una puntata ripagata 11 anni e 12 round di finanziamenti dopo con un incasso di circa 12 milioni, pari a un ritorno di 15,5 volte l’investimento iniziale. «H-Farm è stata fondamentale per il successo. Mi hanno accolto in un momento in cui non sapevo come fare una azienda nel tech, mi hanno aiutato, sono stati un po’ una famiglia per me», ricorda l’ideatore di Depop. «Simon è arrivato qui nell’estate del 2011 a raccontarci il progetto dopo che la mamma aveva letto un articolo su di noi», racconta Riccardo Donadon, presidente di H-Farm. «Ci ha presentato l’idea e abbiamo capito che era un ragazzo con l’approccio giusto». Poi la decisione di andare a Londra, dove l’ecosistema è più sviluppato per le start up tecnologiche ed è più facile trovare investitori, e l’inizio di un percorso di crescita impetuoso. Beckerman nel 2014 decide di lasciare la guida operativa dell’azienda a una manager con le competenze tecnologiche più adatte ma resta al suo fianco e continua a ispirare le scelte strategiche. «I due fondatori di Google fin da subito hanno trovato un altro ceo che ha fatto crescere la società, noi abbiamo deciso di fare la stessa cosa per non mettere in pericolo il potenziale successo dell’azienda».

LA PIATTAFORMA

 Oggi Depop, sotto il cappello di Etsy, è un colosso con sede a Londra con circa 30 milioni di utenti registrati in 150 paesi. Nel 2020 sulla piattaforma sono stati scambiati un miliardo di articoli, le vendite di prodotti hanno raggiunto un valore di 650 milioni di dollari e i ricavi sono stati pari a 70 milioni, il doppio rispetto all’anno precedente. Lasciata andare per conto suo Depop, Beckerman ora è al lavoro su una nuova start up, Delli. «Il concetto è un market place mobile e social un po’ simile a Depop con l’obiettivo di riunire, lo dico in inglese, gli home food makers, cioè persone che dalla propria casa creano prodotti culinari ma non caldi da mangiare subito, come per esempio le salse. Insomma un mercatino culinario in una app». La piattaforma sarà disponibile dal 14 febbraio in Inghilterra e poi più avanti se tutto andrà bene anche in Italia. All’orizzonte ci sono una vendita come per Depop o la quotazione? «Non si può mai sapere - non si sbilancia Beckerman - Se venisse comprata vorrei una azienda con la quale poi continuare a lavorare insieme: se Twitter dovesse mai venire da noi e dire siamo interessati a comprarvi, mi piacerebbe molto lavorare con Jack Dorsey». 

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