Cannabis, il caso del Canada: perché legalizzarla è stato un buon affare (e non solo per lo Stato)

Concorrenza spietata, prezzi in calo, tasse elevate: per le imprese introiti inferiori alle attese. Cresce solo il gettito fiscale. L’incognita occupazione

Cannabis, il caso del Canada: perché legalizzarla è stato un buon affare (e non solo per lo Stato)
di Jacopo Orsini
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Mercoledì 3 Maggio 2023, 11:31 - Ultimo aggiornamento: 8 Maggio, 10:36

Dimenticate “canne” e fricchettoni. L’ingresso è anonimo, un cancello di ferro con una rete metallica, tipica di un magazzino o un dep

osito.

All’esterno un parcheggio, nessuna indicazione, nessun cartello. Edificio basso, vetri opacizzati dall’interno. Dentro porte blindate e telecamere ovunque (ce ne sono 57). Nessuna indicazione, solo un foglio appeso al muro con la scritta nera a pennarello “Bee happy!” (con due “e”, gioco di parole fra “ape felice” e “sii felice”) smorza l’impressione di essere nell’ingresso di un laboratorio di analisi. Tutto è asettico.

LE ASPETTATIVE

 «È necessaria la massima sicurezza, ce lo impone la legge. Le regole di tracciamento sono molto severe. Se fuori ci fosse un cartello con scritto cosa facciamo, le persone potrebbero cercare di entrare», spiega Mark German, vice presidente e direttore finanziario di BeeHigh Vital Element, la prima società di nuova costituzione autorizzata a produrre cannabis dopo l’approvazione della legge che ne ha legalizzato vendita, possesso e uso in Canada nell’ottobre del 2018.

Oggi la società realizza circa 100 mila dollari canadesi (circa 67 mila euro) di ricavi mensili. All’epoca le aspettative per le potenzialità del nuovo mercato legale della marijuana erano altissime. Quasi cinque anni dopo si contano invece delusione, fallimenti, sovrapproduzione e tanti investimenti bruciati, a fronte di qualche miliardo di introiti fiscali in più per la casse delle Stato e parecchie decine di migliaia di posti di lavoro creati, ma che fatalmente segnati da precarietà. «Siamo in modalità sopravvivenza. Se resistiamo un anno o due magari il mercato potrebbe ripartire ma al momento non guadagniamo», allarga le braccia German parlando nella sede dell’azienda che ha fondato con la moglie, Rita Hall, che della società è presidente e amministratore delegato. L’impianto dove oggi si coltivano piantine di cannabis in un ambiente riscaldato e sotto la luce delle lampade artificiali era un rifugio antiaereo costruito nel 1959, durante la guerra fredda, appena fuori dalla cittadina di Corner Brook, poco meno di 20mila abitanti nella provincia di Terranova, la più a est del Canada. «C’era un iper eccitamento prima della legalizzazione ma la domanda è stata molto sovrastimata, tanto che l’80 per cento della produzione è rimasta invenduta», calcola German. «Si stima che la perdita degli investitori nelle società di cannabis sia stata di 40mila dollari (circa 27mila euro) per ogni canadese», sostiene ancora il fondatore di BeeHigh.

I BENEFICI

Nello Stato nordamericano la legalizzazione della cannabis insomma non ha portato i risultati sperati dalle aziende che si erano buttate nel promettente mercato. Le più piccole, come BeeHigh, faticano a sopravvivere, mentre le grandi, quelle quotate in Borsa, sono arrivate a perdere fino a oltre il 90% del valore in questi anni. Come si spiega? Concorrenza spietata tra i produttori, prezzi in calo e tasse troppo alte, sono alcune delle ragioni che hanno provocato questa distruzione di valore. Ma se il bilancio della legalizzazione finora si è rivelato gravemente deludente per le imprese e le corporation che l’hanno cavalcato, il bilancio sociale non è del tutto negativo, sia per i miliardi finiti nelle casse erariali di Ottawa (circa 10 miliardi in più del gettito ordinario) sia per i benefici sociali che ha prodotto, con il gran colpo dato allo spaccio e alla criminalità organizzata. Peraltro, la società di consulenza Deloitte - che ha preso in esame il periodo 2018-2021 - appare ottimista per il futuro sotto il profilo dei ricavi. Basti dire che, di là dei risultati economici aziendali, le vendite nel periodo si sono attestate a 11 miliardi di dollari canadesi (7,3 miliardi di euro), circa due terzi dei quali (67%) generate da cannabis per uso ricreativo.

I PROFITTI

 Ricavi che non bastano certo a supportare gli investimenti realizzati finora dalle imprese, che tra immobili, infrastrutture e tecnologia sommano ad almeno 29 miliardi di dollari canadesi (quasi 20 miliardi di euro). Il fatto che nel quadriennio il contributo al Pil della vendita di cannabis abbia toccato 43,5 miliardi (circa 30 miliardi di euro) non consola più che tanto. Soprattutto se si considera che dei quasi 100mila posti di lavoro creati (indotto compreso) una parte non irrilevante potrebbe andare perduta se il trend del consumo continuerà a non rispettare le promesse che sembrano realistiche al momento del varo della legge. La società Deloitte, comunque, resta possibilista. Scrive nelle conclusioni del suo report: «Con lo sviluppo e la maturazione del settore, e la realizzazione dei ritorni sui significativi investimenti di capitale fatti finora, c’è da aspettarsi un impatto crescente forte e positivo sull’economia nazionale». Un auspicio, più che una previsione. Che Mark e Rita accolgono come viatico benaugurale mentre osservano la distesa ordinata delle loro piantine cresciute con grande cura, e ancora determinati a resistere.

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