La Manovra alla prova dei mercati: limitata l'ascesa dello Spread

La Manovra alla prova dei mercati: limitata l'ascesa dello Spread
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Venerdì 28 Settembre 2018, 14:15
(Teleborsa) - Il filo di lana del traguardo del rapporto Deficit/PIL al 2,4 per cento è stato raggiunto, il fatidico muro eretto dal ministro dell'economia Tria è stato scalato, i cittadini hanno vinto. Così questa notte, il vice premier Di Maio ha commentato il varo della manovra economica e finanziaria.

Le forti pressioni sul ministro Tria da M5S e Lega hanno avuto ragione della linea del Piave dell'1,6 per cento su cui si era attestato il Tesoro e seppur con tensioni la linea del rigore è stata superata ed i due partiti di maggioranza hanno portato a casa la riforma della legge Fornero con quota 100: 62 anni di età e 36 di contributi garantendo la pensione a 400 mila lavoratori e il reddito di cittadinanza.

Con questo ultimo provvedimento per Di Maio si cancella la povertà e si aggiunge anche la pensione di cittadinanza che alza la minima a 780 euro.

Ora la manovra del popolo, acclamata sotto Palazzo Chigi dalla folla dei parlamentari stellati assiepati con le loro bandiere, dovrà superare prove ben più difficili, innanzitutto quella dei cittadini risparmiatori che faranno pagare a caro prezzo i titoli del debito pubblico italiano in cambio della loro fiducia, inoltre ci saranno le forche Caudine di Bruxelles a metà ottobre e infine non meno importanti i giudizi sospesi delle agenzie di rating.

Ci si domanda, se si doveva arrivare a questo tetto del disavanzo, ed era chiaro che la maggioranza giallo verde anche se avrebbe graduato in più anni le promesse elettorali avrebbe dato però un segnale forte subito sulla volontà di mantenerle, perché non si è aperta a giugno una trattativa su queste basi con Bruxelles? Invece si sono persi mesi in minacce, insulti, braccio di ferro che hanno sparso sfiducia sui mercati e sull'operato del governo.

Non c'è dubbio che i risparmiatori guardino con attenzione ai paesi su cui fanno convergere il loro denaro, tra l'altro buona parte dei titoli del nostro debito pubblico è in possesso degli italiani, ma bisogna anche dire che Spagna, Francia e Germania hanno spesse volte spostato l'asticella del rapporto deficit/PIL a difesa dei loro interessi economici.

Certo l'Italia non è un paese virtuoso, ma si tratta sempre della terza economia e della seconda industria manifatturiera dell'Unione Europea e una bilancia commerciale con un attivo di decine di miliardi. A fronte di tutto questo la recessione ultima ha prodotto svariate decine di migliaia di aziende chiuse, centinaia di migliaia di senza lavoro, milioni di cittadini sotto la soglia di povertà ed una disoccupazione giovanile senza precedenti.

Pertanto alla lunga era inevitabile che il governo decidesse di aumentare il proprio deficit nel 2019 per distribuire un po' di ricchezza ai più bisognosi. Una rivolta che poggia le sue ragioni sul fatto che i meno abbienti in Italia controllano una fetta di entrate pari alla metà circa di quanto avviene in molti paesi dell'Unione, che invece si sono dotati di cinture sociali di protezione per le fasce più deboli, da noi inesistenti.

Ora bisogna vedere se la manovra che contiene altre spese - un Fondo di un miliardo e mezzo per i truffati dalla banche, il blocco dell'aumento dell'IVA, fondi per la manutenzione delle scuole, qualche entrata dalla cosiddetta pace sociale e sgravi per le imprese che reinvestono gli utili - inneschi un ciclo positivo, poiché siamo tra gli ultimi in Europa per tassi di crescita. Questa è la scommessa, non essere ostaggio dello Spread, ma pur presentando un DEF rispettoso, come ha sottolineato il presidente della commissione bilancio della Camera Claudio Borghi, sviluppare la crescita per contenere così anche il debito.

Ma i molti creditori del Governo Italiano pensano che sussidi e deficit non solo appesantiscono i conti pubblici ma distruggono ricchezza e ostacolano la crescita poiché si devono pagare più interessi a causa dello Spread, che stamane sale e, per ora, dà loro ragione.


di Dino Sorgonà
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