Corte Giustizia europea, Italia libera di imporre maggiori restrizioni su import bioliquidi

Corte Giustizia europea, Italia libera di imporre maggiori restrizioni su import bioliquidi
3 Minuti di Lettura
Venerdì 5 Ottobre 2018, 16:00
(Teleborsa) - La Corte di Giustizia europea dà ragione all'Italia sulle maggiori restrizioni imposte agli intermediari che importano bioliquidi, affermando che "è conforme" al diritto dell'Unione e rendendo di fatto più difficile importare in Italia bioliquidi prodotto da biomasse all'estero.

Tutto questo deriva dal fatto che il regime di incentivazione di una società che utilizza bioliquidi per il proprio impianto termoelettrico è assoggettato a certe condizioni ed, in particolare, alla presentazione di un certificato di sostenibilità non solo del fornitore della materia prima, ma anche dell'intermediario che importa la materia prima senza averne l'effettiva disponibilità.

Tutto fa riferimento ad un contenzioso fra il GSE (Gestore dei Servizi Energetici) e la società Legatoria Editoriale Giovanni Olivotto (L.E.G.O.), che possiede una stamperia in Italia dotata di impianto termoelettrico alimentato con un bioliquido (olio di palma). La società in questione ha beneficiato di incentivi finanziari pubblici per il periodo 2012-2014, che sono stati poi revocati dalle autorità italiane (GSE) a motivo della mancata presentazione dei certificati di sostenibilità da parte della società intermediaria incaricata dell'acquisto del bioliquido per la L.E.G.O. presso un fornitore terzo, e malgrado il fatto che i certificati in questione fossero già stati presentati dal fornitore estero della materia prima aderente al sistema volontario di controllo ISCC (International Sustainability and
Carbon Certification). Il Consiglio di Stato, deputato a decidere, ha rimesso la questione alla Corte europea, chiedendo se la normativa italiana più restrittiva non sia in contrasto con quella europea. Il supremo organo giurisdizionale ha dato una risposta negativa, sulla base di una serie di considerazioni che fanno riferimento ad un certo margine di discrezionalità lasciato ai legislatori degli Stati membri.

La Corte ricorda, in via preliminare, che la direttiva 2009/28 ha armonizzato in modo esaustivo i criteri di sostenibilità che devono essere rispettati per i biocarburanti e i bioliquidi, affinché essi possano essere presi in considerazione quale energia rinnovabile. E nello stesso tempo la direttiva impone agli Stati membri di esigere dagli operatori economici che essi utilizzino un sistema di equilibrio di massa (verifica della sostenibilità).

Tuttavia, questo meccanismo di verifica della sostenibilità non è stato armonizzato, quindi ciascuno Stato ha un margine di discrezionalità se definire un sistema nazionale proprio oppure rifarsi al sistema sistema volontario di controllo ISCC (International Sustainability and Carbon Certification).

La Corte conclude che, poiché il sistema ISCC riguarda i biocarburanti e non i bioliquidi, l'Italia è libera di prevedere un sistema nazionale di certificazione più restrittivo per dimostrare la sostenibilità dei bioliquidi. Ed anche che l'Italia era libera di qualificare gli intermediari (ivi compresi quelli che non conseguono la disponibilità fisica dei suddetti prodotti) quali "operatori economici" allo scopo di garantire, conformemente alle prescrizioni della direttiva, la tracciabilità delle partite di bioliquidi lungo tutta la catena di consegna, permettendo così un miglior controllo della loro produzione e commercializzazione al fine di ridurre il rischio di frodi.

Pertanto, nonostante questa normativa restrittiva produca di fatto una limitazione alle importazioni, tuttavia, la Corte ritiene che tale limitazione della libera circolazione delle merci sia giustificata da obiettivi di tutela dell'ambiente nonché di lotta contro le
frodi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA