Il Fondo monetario all'Italia: «Intervenite sulle pensioni». Ma il governo dice no

Il Fondo monetario all'Italia: «Intervenite sulle pensioni». Ma il governo dice no
di Andrea Bassi
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Venerdì 19 Settembre 2014, 06:22 - Ultimo aggiornamento: 20 Settembre, 09:18
Il no, cortese ma secco dell'Italia, stato affidato ad Andrea Montanino, il direttore esecutivo indicato da Roma nel Fondo Monetario e il cui posto tra breve potrebbe essere preso da Carlo Cottarelli, il commissario alla spending review. L'organismo di Washington ieri ha pubblicato le sue conclusioni a valle della missione italiana terminata a giugno scorso, e ha indicato una serie di consigli, «advice», nel termine inglese utilizzato nel lungo documento. Innanzitutto quello di correggere i conti per il prossimo anno di 8 miliardi, lo 0,5 per cento del Pil, proseguendo su questa strada anche successivamente in modo da garantire un surplus strutturale di bilancio di un punto di Prodotto interno (16 miliardi) in grado di mettere al sicuro il debito pubblico da shock negativi. Ma Roma ha risposto picche.



«Non concordiamo con le raccomandazioni secondo cui è necessario uno sforzo aggiuntivo per il consolidamento», ha scritto Montanino in una nota a margine del documento del Fondo. L'analisi dell'Italia va nella direzione opposta a quella di Washington. Un nuovo sforzo fiscale, secondo Roma, indebolirebbe i consumi e la ripresa. Dunque non se ne parla. Il governo «punterà sulla flessibilità garantita dalle regole europee». L'analisi del Fondo è legata ai numeri dell'economia italiana, che si contrarrà nel 2014 per il terzo anno consecutivo, con il Pil che calerà dello 0,1%. Il debito toccherà il picco del 136,4%, in un contesto di disoccupazione ai massimi dal dopoguerra al 12,6%. A preoccupare è soprattutto il debito, considerato dal Fondo ancora «vulnerabile» e che, secondo una serie di analisi contenute nel rapporto, in caso di shock esterni potrebbe schizzare fino al 150 per cento. Da qui la richiesta di una nuova correzione strutturale.



TAGLI E MANOVRA

Correzione dei conti a parte, il Fondo ha «consigliato» una manovra complessiva di quasi 30 miliardi (27,5 per l'esattezza), per abbattere il cuneo fiscale tagliando i contributi sociali pagati dalle imprese di almeno 14 miliardi e incrementare gli investimenti in scuola e infrastrutture di altri 4,5 miliardi. Il tutto da finanziare attraverso una riduzione delle «tax expenditures», le agevolazioni fiscali per 12 miliardi di euro, l'introduzione di tasse sulla ricchezza (Washington consiglia quella sulle successioni) per 4,5 miliardi, un nuovo incremento del prelievo sulle rendite finanziarie per 3 miliardi e una «spending review» da 6 miliardi. Alla revisione della spesa il Fondo ha dedicato un lungo capitolo, mettendo sotto la lente soprattutto le pensioni. Senza toccare gli assegni in essere, secondo Washington, per il governo italiano sarà difficile raggiungere l'obiettivo di 33 miliardi di risparmi nel triennio.



Dunque bisognerebbe agire ancora una volta sull'indicizzazione degli assegni, quella già rimasta bloccata drasticamente dal governo Monti e poi parzialmente sbloccata dal governo Letta che ha permesso un recupero graduale del caro vita per gli assegni fino a sei volte il minimo. Altri risparmi nel settore pubblico, secondo il Fondo, si potrebbero ottenere differenziando i salari pubblici tra regioni. Promozione, invece, per le riforme già messe in cantiere dal governo Renzi, anche se Washington invita a una «rapida attuazione», cruciale per emergere dalla recessione e tornare a crescere. Il Jobs Act per l'Fmi si muove «nella giusta direzione». Plauso anche alle prime novità sul fronte della giustizia, come il processo telematico. Cruciale sarà anche la legge elettorale perché aiuta il sostegno e l'attuazione delle riforme. Al Tesoro - secondo alcune fonti - il giudizio positivo del Fmi sull'agenda di governo è accolto con soddisfazione. Il governo - affermano le stesse fonti - si impegna a fare le riforme annunciate e alla loro implementazione.