Assicurazioni e polizze, Nicola Fioravanti (Ania): «L'investimento più redditizio è la protezione»

Assicurazioni e polizze, Nicola Fioravanti: «L'investimento più redditizio è la protezione»
di Marco Barbieri
6 Minuti di Lettura
Mercoledì 18 Agosto 2021, 08:32 - Ultimo aggiornamento: 14:57

Lasciare dei risparmi sul conto corrente è una basilare forma di “protezione” assicurativa. Perché si deve cambiare questa abitudine? E come si può cambiarla? Lo chiediamo a Nicola Fioravanti, ceo di Intesa Sanpaolo Vita, responsabile Divisione Insurance Intesa Sanpaolo e vicepresidente dell’Ania (l’associazione delle compagnie di assicurazione italiane).

«La pandemia ha incrementato la naturale predisposizione degli italiani al risparmio, in un’ottica di protezione del loro futuro. Risorse però che non hanno dispiegato il loro potenziale, rimanendo perlopiù ferme sui conti correnti. Questo mantenimento in liquidità delle risorse, oltre a produrre una perdita del potere d’acquisto, ne determina il mancato impiego in investimenti a favore dell’economia reale. I clienti stanno tenendo i soldi fermi per due motivi in particolare». Da una parte vogliono essere certi di poter aver disponibilità per inconvenienti futuri, sia per quanto riguarda la loro persona (malattie, o infortuni), sia per quanto riguarda il lavoro, o la conduzione della loro attività, mentre d’altra parte ricercano garanzie molto elevate sugli investimenti».
 

Come si possono cambiare queste abitudini?

«Anzitutto attraverso una maggior consapevolezza della gestione dei rischi, elemento sul quale le assicurazioni possono promuovere un vero cambiamento culturale, in particolare evolvendo il proprio ruolo verso la consulenza evoluta basata sulla di fiducia e sui bisogni complessivi di protezione della famiglia».
 

Il sistema assicurativo viene percepito a volte come complesso, genera diffidenza, richiede competenze che sembrano troppo sofisticate; come semplificare il rapporto tra utente/risparmiatore e industria dell’assicurazione?

«Come molti settori dell’industria, anche il settore assicurativo sta attraversando una fase di cambiamento che richiede innovazione e digitalizzazione, per adeguare le modalità e i linguaggi di relazione con i clienti.

Questo può avvenire con l’impegno del settore a semplificare l’offerta e la sua accessibilità, nel rispetto dei regolamenti attuali e grazie all’introduzione delle nuove tecnologie, quali ad esempio l’intelligenza artificiale e il machine learning in tutti i momenti di contatto con il cliente. Oltre a queste evoluzioni, c’è comunque sempre la necessità di conquistare e mantenere la fiducia dei propri clienti e questo si realizza con un’offerta che garantisca non solo prestazioni e rendimenti adeguati, ma anche vicinanza al cliente attraverso percorsi di prevenzione e servizi di post vendita e customer care di qualità».


Tutto ciò però non spiega perché l’Italia è uno dei Paesi più sotto-assicurati al mondo.

«È un tema assai presente sulle nostre scrivanie, basti pensare che i premi destinati alle coperture assicurative danni rappresentano in Italia appena il 2,2% del Pil contro il 4,1% della media dei principali Paesi Ue e che ogni italiano possiede mediamente una casa, ma solo il 3% delle abitazioni è assicurato contro rischi catastrofali, nonostante una parte rilevante del territorio sia esposta a rischio sismico o idrogeologico. Una condizione che ha radici lontane nel tempo, che trova spiegazione in una ridotta cultura della protezione e che porta gli italiani a far leva prevalentemente sui propri risparmi in caso di eventi imprevisti».
 

Bisogna aggiungere che da sempre gli italiani hanno contato su un sistema di aiuto familiare che ha frenato lo sviluppo della cultura della mutualità e condivisione del rischio che accomuna, invece, i clienti di polizze assicurative.

«Vero, con l’evoluzione della società e, più recentemente, in seguito alla pandemia, le persone - ma anche le imprese - stanno cominciando a manifestare una maggior consapevolezza rispetto all’importanza di proteggere i beni, la salute e il futuro del proprio business». 
 

Che cosa possono fare le compagnie per abbattere questo muro di diffidenza e incrementare la fiducia dei consumatori?

«Le compagnie assicurative devono rappresentare per le persone un riferimento qualificato per la gestione dei propri asset finanziari, ma anche per la protezione della persona e del nucleo famigliare, dei beni e del benessere futuro. Sono indispensabili trasparenza, semplicità dei prodotti e dei processi e grande attenzione alla conoscenza del cliente e delle sue esigenze. È necessario fornire ai clienti gli strumenti per comprendere i propri bisogni e offrire le soluzioni assicurative più adatte. Inoltre, è fondamentale che le compagnie siano coerenti con il messaggio di protezione e abbiano cura quindi della comunità e del territorio nel quale operano con iniziative a sostegno del sociale, dei giovani e della ricerca scientifica».
 

La fiscalità può cambiare la relazione tra utente e assicurazione?

«La fiscalità è una leva importante, che sappiamo essere spesso alla base della spinta verso un cambiamento dei comportamenti: un chiaro esempio è la previdenza complementare. Lo stesso modello potrebbe essere applicato con successo all’ambito della protezione. Nella sanità integrativa, ad esempio, potrebbe contribuire in maniera significativa a rendere più accessibili i servizi per le cure croniche e ordinarie e più armonico il rapporto tra sanità pubblica e privata. Considerato che esiste un gap significativo da colmare tra grado di consapevolezza dei rischi e le azioni effettivamente messe in atto dalle persone, gli incentivi fiscali ed economici andrebbero utilizzati in maniera complementare all’educazione finanziaria e assicurativa».
 

Come vede l’educazione finanziaria un assicuratore?

«Insieme alle competenze necessarie per interpretare al meglio il contesto dei mercati finanziari e le opportunità che ne possono derivare, è fondamentale che si diffonda una maggior consapevolezza sulla gestione dei rischi che possono verificarsi nella vita di una persona, o di un’azienda. Si tratta di un percorso di lungo periodo che deve coinvolgere le generazioni in modo trasversale e che deve poter contare sull’impegno dell’intero sistema assicurativo. Noi abbiamo avviato da tempo iniziative volte a coniugare questo obiettivo con il linguaggio moderno della tecnologia e dell’arte e con la formazione dei giovani talenti. Penso ad Area X, lo spazio esperienziale dove sperimentare con la realtà virtuale i benefici di una copertura assicurativa, al lancio recente del contest “Proteggere ad Arte”, per raccontare il significato della parola “protezione” attraverso una forma d’arte e al master in Insurance Innovation, dedicato alla formazione dei giovani talenti in campo assicurativo».
 

La polizza assicurativa è più un investimento finanziario o più un prodotto di consumo?

«È diverso a seconda del tipo di cliente. Acquistando una polizza la famiglia “compra” serenità, minimizza i rischi prospettici e tende ad adottare un comportamento orientato sia al consumo, sia all’investimento finanziario, liberando buona parte del risparmio accantonato in liquidità e contribuendo alla creazione di un outlook positivo. L’acquisto di una copertura assicurativa per l’impresa, a partire dalle più piccole, è un investimento finanziario necessario per dare continuità all’impresa stessa e quindi stabilità a chi vi opera e ai fornitori, per avere un migliore merito di credito e per minimizzare la volatilità dei risultati d’impresa».

Risparmio e investimenti: fondi immobiliari, rendita sicura. Il guadagno non è più solo con l'affitto

Mercato immobiliare: «Dopo il Covid caccia a prime case più grandi e più verdi»
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA