La liquidità sul conto corrente è una primitiva forma di assicurazione. Metto da parte i soldi, quando dovessero servirmi. Il fai-da-te assicurativo coincide però sempre con una copertura inadeguata e insufficiente di fronte ai rischi. La cui dimensione – quando si verifica il problema – è spesso smisurata, rispetto alla capacità individuale di opporvisi. Non è solo il caso della pandemia ad avere fatto toccare con mano la necessità di proteggersi per tempo. Oltre il 70% del territorio nazionale è esposto a rischi idrogeologici, ma meno del 5% dei fabbricati è coperto da una polizza adeguata.
Solo la mutualità può consentire di predisporre forme efficaci di contrasto alle conseguenze delle criticità.
È poi necessario affrontare la protezione dai nuovi rischi emergenti, quali quelli di “business interruption” o di attacchi cyber. L’industria delle assicurazioni ha sviluppato nuovi prodotti e creato unità operative dedicate, ma solo il 3% delle Pmi italiane risulta assicurato per la “business interruption” e anche i nuovi rischi cyber sono ampiamente sottovalutati e sottoassicurati.
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Il crollo delle attività economiche e della mobilità sperimentati durante i lockdown ha avuto effetti anche sulla dinamica dei sinistri. Non è un fenomeno solo italiano: in 26 Paesi europei su 31 il “combined ratio” nei rami danni nel 2020 è diminuito. Hanno fatto eccezione i pochi Paesi caratterizzati da una più ampia diffusione delle coperture per la “business interruption” si legge nella relazione all’assemblea annuale Ania.
Il ventaglio dei prodotti assicurativi è ampio quanto lo sono le attività esposte a rischio: si possono stipulare polizze per integrare le prestazioni salute del Ssn – per garantirsi un rimborso, una diaria, o una prestazione aggiuntiva – o per predisporre un aiuto futuro in caso di non autosufficienza (polizze Ltc, long term care). L’aumento progressivo della vita media espone tutti a un rischio di morbilità che può compromettere la propria autosufficienza.
Poi c’è la famiglia delle polizze sulla “responsabilità civile”, le Rc. Che possono declinarsi in Rc-auto (l’unica polizza assicurativa obbligatoria in Italia), Rc-professionale (a fronte dei rischi connessi all’esercizio di una professione: dal medico all’architetto, dal giornalista all’avvocato tutti possono incorrere nel danno procurato ad altri), Rc-capofamiglia (collegata al vaso che cade dal balcone e produce vittime, o al cane che morde un passante).
Abbiamo detto delle polizze sui fabbricati, in relazione ai danni che possono essere prodotti da grandine, alluvioni, terremoti. La fortuna è cieca, ma si sa che la sfortuna ci vede benissimo. E non basta la scaramanzia a evitarcela, purtroppo. Ma si possono invece limitare i danni degli eventi infausti, stipulando polizze adeguate. Negli ultimi 50 anni lo Stato ha previsto stanziamenti di 150 miliardi per le ricostruzioni post-sisma e di 160 miliardi per altri eventi naturali, coperti prevalentemente tramite la fiscalità generale, ma con tempi di ricostruzione solitamente lunghi e con rimborsi spesso parziali rispetto agli effettivi danni.
Il “ramo danni” è pressoché infinito. E si rinnova nel tempo. La sicurezza informatica che riguarda prioritariamente le imprese non è detto che non sia una sfera di rischio che possa riguardare anche alcune categorie di individui e professionisti.
Con la consolidata abitudine ai viaggi e agli spostamenti – Covid permettendo – si sono sviluppate le polizze temporanee. Durano il tempo del viaggio e coprono il rischio del furto del bagaglio o della necessità di copertura sanitaria in Paesi con un Ssn poco generoso o inesistente. Sulla scia di questa “temporaneità” si sono sviluppate le polizze che coprono i rischi di piccoli infortuni per le nostre performance in palestra o in piscina (o quelle dei nostri figli).
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