Weidmann a Roma: «Italia viola troppo spesso il Patto di stabilità, Padoan troppo ottimista»

Weidmann a Roma: «Italia viola troppo spesso il Patto di stabilità, Padoan troppo ottimista»
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Martedì 26 Aprile 2016, 19:27 - Ultimo aggiornamento: 28 Aprile, 14:56

Il Patto europeo «da quando esiste l'Europea è stato violato da più Stati, tra cui l'Italia». La condivisione dei rischi tra gli stati dell'Eurozona «rappresenterebbe un percorso sbagliato» e su questo punto «non sarei tanto ottimista» come Padoan. L' helicopter money da parte di Bce, di cui si discute, «torni nel cassetto delle ipotesi accademiche» perchè «distribuire liquidi alle persone come una manna dal cielo creerebbe un buco nel bilancio». Jens Weidmann, il presidente della Bundesbank, capofila dei falchi nella Bce, visita Roma e non mostra alcuna virata «morbida». Il suo intervento non appare per nulla diplomatico.

Di fatto ribadisce il suo 'aut aut' sul futuro della governance economica dell'Eurozona, già espresso in una lettera congiunta con il governatore della Banca di Francia Francois Villeroy de Galhau. Una posizione in contrasto con la 'controproposta italiana a firma Padoan-Renzi che ha toni più sfumati («non sarei così ottimista» come Padoan, dice Weidmann, sul fatto che «la condivisione dei rischi e delle responsabilità rappresentino forti inventivi a rispettare le regole e a prevenire comportamenti opportunistici»). «Posizioni note, niente di scandaloso», commentano al Mef che sottolineano come l'Italia abbia opinioni diverse sulla condivisione dei rischi e anche sulla proposta tedesca di inserire un tetto ai titoli di Stato bloccata sabato ad Amsterdam. Ma anche su questo Weidmann ribadisce le proprie posizioni: «assurdo» - dice - considerare privi di rischio i titoli di Stato dei paesi dell'Eurozona, al contrario «a mio avviso la riduzione dei rischi per le banche in merito ai titoli di Stato da esse detenuti è fra l'altro un presupposto importante per la possibile introduzione di un fondo comune europeo di garanzia dei depositi».

Weidmann a Roma suggerisce che l'ideale sarebbe un'Unione fiscale europea, derogando poteri nazionali all'Eurozona in materia di bilancio. Ma - come mostra agli occhi di Weidmann anche l'uscita del premier italiano Matteo Renzi per una politica italiana non dettata «dai burocrati di Bruxelles», è pessimista: ci sono «ostacoli enormi» e «al momento non vedo la volontà di superare questi limiti, nè in Italia, nè in Germania, nè in altri paesi». La conseguenza, già espressa nella nota lettera, è che «se si ha timore della rinuncia alla sovranità nazionale, il rafforzamento» del quadro di regole esistenti è l'unica alternativa. Parole che suonano come uno schiaffo a chi parla di rivedere il Trattato di Maastricht e il fiscal compact, ma anche per la Commissione europea, organismo frenato dalla doppia funzione di garante dei trattati e luogo di composizione di interessi nazionali, con continui compromessi e rinvii: tanto che Weidmann ritiene che «una autorità fiscale europea, che assume il compito del controllo di bilancio attualmente di competenza della Commissione, sarebbe una soluzione».

Insomma la scelta è un ministro delle Finanze dell'Eurozona o una stretta sulle regole, una visione un pò in contrasto anche con quella, meno rigida, del presidente della Bce Mario Draghi.

Che quelle regole non funzionino, lo meglio non funzioni la loro applicazione, per Weidmann è evidente dal fatto che «da quando esiste l'Unione monetarie le regole del patto di stabilità e crescita sono state violate da alcuni Stati - fra i quali anche l'Italia - più spesso di quanto siano state» osservate e del resto proprio i mercanteggiamenti a Bruxelles hanno visto la stessa Germania, nel biennio 2003/2004, contribuire «a indebolire la forza vincolante delle regole».

 

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