Lo schiaffo di Atene all'Unione matrigna

di Giulio Sapelli
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Domenica 5 Luglio 2015, 23:57 - Ultimo aggiornamento: 6 Luglio, 01:55
La frase che più comunemente si udiva camminando per le strade greche, sia ad Atene e Salonicco sia sulle isole, era la seguente: «Se dovessimo pensare solo a noi potremmo votare sì. Ma se pensiamo ai nostri figli dobbiamo votare no». Ecco compendiato, con grande incisività, il significato generale della vittoria del “no” nel referendum greco. É la vittoria di un popolo che ha ritrovato tutto il suo coraggio dopo una serie infinita di umiliazioni che gli sono state inflitte. Un popolo che non si è arreso e che ci fa ricordare molte famose, icastiche sentenze di quel Winston Churchill che nei momenti più bui della seconda guerra mondiale seppe spronare il popolo inglese a rovesciare l’esito di una battaglia che sembrava perduta.



Il significato storico-generale di questo referendum è che non si può governare a lungo contro la volontà dei popoli. Dinanzi a essa e con essa tutte le tecnocrazie prima o poi debbono fare i conti. Molti osservatori sono sconcertati dal fatto che questo giudizio sul referendum greco sia condiviso tanto da destra quanto da sinistra. Non c’è da stupirsi, invece.



E i motivi sono presto detti. Sia da destra sia da sinistra, e probabilmente presto anche dal centro degli schieramenti politici nazionali, emerge ed emergerà sempre più la consapevolezza che l’uscita dalla recessione secolare, che secondo molti è in verità il vero significato della cosiddetta ripresa, avverrà solo da una soluzione politica del caso greco. Bisogna ricordare alla cancelliera Angela Merkel che non è la Grecia che è andata a sbattere contro il muro, come anche ieri sera dicono andasse ripetendo con una punta di disprezzo che dovrebbe farci inorridire. È tutta l’Europa dell’austerità e dell’ordoliberalismus che è andata a sbattere contro il muro con un fragore e una drammaticità che non consente più soluzioni tecniche. Nessuno vuole negare le colpe della Grecia e certi eccessi di dilettantismo di Siryza, ma a questo punto le soluzioni debbono e possono essere solo soluzioni politiche.



Per quanto possa sembrare paradossale è per il rispetto, l’amore, l’ammirazione culturale per il popolo tedesco che dobbiamo affermare questo concetto: proprio perché vogliamo evitare che salga in Europa quel vento che sempre al suo levarsi ha portato a tragedie, il vento dell’odio contro il popolo tedesco. Su questo concetto il poeta Heinrich Heine ha scritto pagine indimenticabili dall’esilio parigino, a cui proprio il conservatorismo e il filisteismo tedesco l’avevano costretto. Nel suo libro Germania, una fiaba invernale racconta una storia che è valida ancora oggi: i destini della Germania e dell’Europa devono essere uniti; se non lo sono, l’ora della tragedia può giungere in ogni momento.



Per evitare una tragedia siffatta, occorre far sì che per risolvere il problema greco, ossia per comportarsi nei confronti della Grecia come ci comportammo dopo la seconda guerra mondiale con la Germania, è indispensabile convocare una Conferenza internazionale a cui partecipino tutti gli attori protagonisti di questa vicenda, senza ipocrisie di sorta. La signora Christine Lagarde, che guida il Fmi, non può essere la foglia di fico dietro cui si nasconde una presenza americana che è sempre più necessaria.



Le iniziative russe, in merito a un possibile accordo a tre Cipro-Grecia-Turchia per consentire ai russi l’installazione di una base navale a Cipro, non può più essere una diplomazia parallela che finisce per essere intimidatoria. Tutti gli attori: Europa (tutta l’Europa, non solo la Francia e la Germania), gli Stati Uniti, la Russia e naturalmente anche la Cina devono sedersi a un tavolo e discutere le valenze non solo economiche ma anche quelle geostrategiche che sono la vera posta in campo, ben più importanti dei pericolosi debiti greci collateralizzati con minacciose masse di derivati.



Non v’è dubbio, è solo assumendo una responsabilità condivisa più generale che si può soddisfare l’anelito di cambiamento che sale dal popolo greco: un popolo che non vuole più soffrire per gli errori compiuti dalle sue passate classi dirigenti, che non può più pagare il prezzo di un destino che non ha scritto. Il messaggio che sale da tutta la Grecia è un messaggio di conciliazione benefica per l’Europa tutta intera, perché riconosca se stessa riconoscendo l’alta ispirazione politica, non economicistica dei suoi Padri Fondatori.