Manovra, Tria blocca il deficit all'1,6%. «Tratti Conte con l'Europa»

Manovra, Tria blocca il deficit all'1,6%. «Tratti conte con l'Europa»
di Marco Conti
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Lunedì 24 Settembre 2018, 09:27 - Ultimo aggiornamento: 15:54
Con il Def in dirittura d'arrivo e la manovra di Bilancio in cottura, Giuseppe Conte non può far altro che tentare di gettare acqua sul fuoco delle polemiche. L'obiettivo è evitare che la tempesta, scoppiata dopo la diffusione dell'audio made in Casalino contro i tecnici del Mef, possa avere conseguenze sull'iter della manovra. Non è una scoperta dire che il rapporto tra palazzo Chigi e ministero dell'Economia è centrale per ogni premier, ma i rapporti sono ormai pessimi e zeppi di sospetti.

Conte ieri ha provato a ripristinare un equilibrio dicendo che c'è «massima fiducia in Tria» e nelle strutture tecniche, pur sottolineando che tocca comunque alla politica indirizzarle. Non solo. Una bacchettata, seppur molto soft e senza citare il destinatario, è andata anche al suo portavoce Rocco Casalino quando, presentando il francobollo per i 50 anni della morte di Padre Pio, ha detto che «nell'apporre un francobollo su una lettera c'è un impegno. È un gesto che ci incita a meditare: non è importante solo comunicare ma cosa comunicare».

LA PLATEA
Si cerca di chiudere l'incidente, ma i problemi restano e sono legati ovviamente al contenuto della legge di Bilancio che i grillini vorrebbero contenesse un reddito di cittadinanza non limitato a pochi. Nel tentativo di stemperare la polemica ieri i grillini si sono trattenuti anche dal polemizzare con Giancarlo Giorgetti per le affermazioni, poi smentite, sul decreto-Genova che ancora non c'è e che in parte confermano del buon rapporto che la Lega, a differenza del M5S, ha con quella che i grillini definiscono «tecnocrazia». Rientrato dalla Cina, ieri Di Maio ha lavorato al reddito di cittadinanza con l'obiettivo di allargare quanto più possibile la platea. Ma i paletti del ministro dell'Economia Giovanni Tria non si sono mossi e, a dire il vero, non dipendono nemmeno dal Mef ma da quanta flessibilità l'Europa, e i mercati, sono disposti a concedere al nostro Paese. Per ora l'asticella del rapporto tra pil e debito resta fissata all'1,6% e così finirà nero su bianco nel Documento di economia e Finanza. Ciò non esclude, ed il ragionamento che si fa al Mef, «che il presidente del Consiglio non riesca a strappare qualcosa di più in Europa».

La palla è destinata a finire presto nelle braccia del presidente del Consiglio in qualità di garante della tenuta politica della maggioranza, ma anche di massimo esponente del governo in grado di poter trattare con Bruxelles decimali in più di maggiore debito pubblico. Un compito, questo, non nuovo per un presidente del Consiglio - già svolto da Matteo Renzi come da Mario Monti e persino da Silvio Berlusconi - ma che certamente ora rischia di risentire anche dell'accusa che attraverso Casalino è stata fatta al Mef e, di conseguenza al suo titolare. Un clima teso e di sospetti che complica il lavoro di Conte il quale ieri non a caso ha invitato tutti, ministri compresi, ad andare «oltre sterili polemiche, che di certo non aiutano. Vogliamo fare una manovra nell'interesse di tutti e realizzeremo tutti i punti significativi del programma». Il problema che però il premier sa di dover risolvere è quello dell'accusa che il M5S fa a Tria e al Mef di aver «accontentato la Lega su Fornero e flat-tax mentre non ha ancora trovato i soldi per il reddito di cittadinanza».
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